29 maggio 2021

La fotografia dei sognatori, a Reggio Emilia

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Fino al 4 luglio a Reggio Emilia il Festival della Fotografia Europea. Un'occasione unica per immergersi nelle esperienze di fotografi di tutto il mondo

Ai Chiostri di San Pietro un'installazione installazione di Sophie Whettnall. Photo courtesy Elissa Iannace.

A Reggio Emilia, il Festival della Fotografia Europea di quest’anno è dedicato ai sognatori, a chi è capace di generare significati e visioni nuove.

Sulla luna e sulla terra

fate largo ai sognatori

Il Festival della Fotografia 2021

Il Festival si allarga verso circa 20 mostre in giro per la città di Reggio Emilia fra Palazzo Magnani, i Chiostri di San Pietro, Palazzo del Mosto, i Chiostri di San Domenico, la Biblioteca Panizzi, Spazio Gerra, Palazzo dei Musei e infine Circuito OFF. La particolarità di questa edizione sta anche nelle sette piazze cittadine attrezzate per accogliere opere di grandi maestri ma anche di giovani esordienti.

Lo scorso weekend si è completata l’inaugurazione con un palinsesto di eventi digitali che continuerà fino al 18, 19 e 20 giugno. La volontà è quella di alimentare un confronto cultiurale trasversale partendo dal centro di questo progetto: la fotografia.

La fotografia, infatti, è la regina di questo Festival che raduna le opere di moltissimi fotografi e artisti.

I Chiostri di San Pietro

I Chiostri di San Pietro accolgono otto delle nove esposizoni facenti parte di DAYDREAMS. Ad accopagnare questi progetti c’è una personale di Sophie Whettnall, a cura di Carine Fol. La produzione artistica di Whettnall, accanto ai lavori dei fotografi in mostra, si mette in discussione anche grazie all’uso che l’artista fa della fotografia – principalmente di archiviazione e come fonte di ispirazione.

L’opera che apre la sezione dedicata alle opere di Sophie Whettnall, Bling Bling, video projection, 2009. Courtesy dell’artista.

I progetti in mostra ai Chiostri di San Pietro

La visita continua ai Chiostri di San Pietro con L’Isola, di Vittorio Mortarotti e Anush Hamzehian, un meraviglioso viaggio nei suoni e nelle immagini di una comunità che sta scomparendo, quella di Yonaguni.

Entrando nel magnifico mondo de L’Isola di Hamzehian e Mortarotti, Untitled, ©
Hamzehian/Mortarotti.

Si passa poi al progetto di Noémie Goudal, Telluris fino a Halfstory Halflife di Raymond Meeks passando per David Jiménez con Aura.
Halfstory Halflife, in particolare, parla del raggiungimento dell’età sdulta raccontata attraverso i luoghi dove è cresciuto Meeks, nei monti Catskill nella regione di New York. Arriviamo quindi alle torri di The Tower Series – una serie di fotografie scattate da Donovan Wylie. Le torri di Wylie ci portano nella complessità di luoghi come l’Irlanda del Nord, l’Afghanistan e l’Artico Canadese studiando le linee di avvistamento delle postazioni di sorveglianza.
Uno degli esperimenti più affascinanti e interessanti di questo Festival è sicuramente il lavoro di Lebohang Kganye con Tell Tale e In Search for Memory. Kganye è una fotografa sudafricana che si interroga, in entrambi i progetti, sul bisogno umano di conservare riportando il tutto sul piano delle radici di ognuno di noi dove risiede la nostra identità, così da poterla mettere sempre in discussione.

Una delle opere di Tell Tale di Lebohang Kganye, piccoli teatri in miniatura. L’artista qui si ispira al teatro di Athol Fugard, uno degli autori chiavi del teatro di protesta sudafricano. Courtesy Lebohang Kganye.

INDEX G, di Piergiorgio Casotti, sembra quasi un’opera teatrale silenziosa ambientata nella città di St. Louis. Infine La Bete: a Moder Tale di Yasmina Benabderrahmane colpisce per il racconto di un Marocco che ormai non c’è più insieme a quello del Marocco contemporaneo. La storia marocchina viene quindi raccontata da Yasmina con una delicata intimità che scalfisce le suggestioni del passare del tempo.

Palazzo da Mosto

Nella cornice di Palazzo da Mosto il percorso del Festival della Fotografia continua con due progetti interessantissimi: Camere che sognarono camere e Home Is Where One Starts From. Il primo, un dialogo fra le opere di Thomas Demand e Martin Boyce, è un progetto di Sabine Vollmann-Schipper e Laura Gasparini per la Collezione d’arte contemporanea Girefin.
I due artisti fanno un uso molto personale della fotografia, uno realizzando modelli tridimensionali in carta o cartone e l’altro estrae elementi di design ricombinandoli e modificandoli ispirandosi alle forme del banale quotidiano.
Home Is Where One Starts From invece si interseca nel dialogo di questo progetto riportando lo spettatore alla dimensione domestica. Il significato di casa può assumere diversi significati per ognuno di noi rivelando un potenziale tutto da esplorare. I libri fotografici, in questo contesto, offrono visioni di vari momenti storici regalando una visuale completa permettendoci di accedere a sperimentzioni visionarie.

I luoghi del Festival si dipanano per tutta la città regalando allo spetttore un’esperienza immersiva nella fotografia a 360°.

La direzione artistica quest’anno fa fede alla volontà di rendere il Festival della Fotografia un evento internazionale con l’aggiunta di Diana Dufour e Tim Clark – rispettivamente direttrice (fino al 2007) di Magnum Photos e curatore, docente e fondatore di 1000 Words.
La moltitudine di idee e di suggestioni che mette in campo questo Festival rende questa occasione una boccata fresca dopo i lunghi mesi di lockdown. La cornice reggiana rende questa occasione unica per vivere a pieno le incredibili opere di ogni artista e fotografo che ha partecipato a questo Festival.

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