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La profondità e l’essenza: Lisetta Carmi a Torino
Fotografia
Sarà aperta al pubblico fino al prossimo 22 gennaio la mostra “Lisetta Carmi. Suonare forte”, ospitata nella prestigiosa sede di Gallerie d’Italia in piazza San Carlo a Torino e affidata alla curatela di Giovanni Battista Martini, curatore dell’archivio ufficiale della fotografa.
Lo spazio torinese di Gallerie d’Italia, situato nell’ex caveau della sede centrale della banca San Paolo, ha una programmazione interamente dedicata alla fotografia d’autore e la scelta del lavoro di Lisetta Carmi conferma con successo l’impegno in questa direzione. La fotografa, recentemente scomparsa ad età quasi centenaria, è infatti considerata una delle più importanti personalità della fotografia italiana e le immagini in mostra colpiscono insieme per la loro sincerità, la perfezione tecnica e formale, la ricchezza e l’originalità dello sguardo.
Il percorso espositivo consta di oltre 150 fotografie scattate tra gli anni sessanta e settanta e divise in otto percorsi tematici, per concludersi con un prezioso cortometraggio a tema di Alice Rorwacher.
Per Lisetta Carmi fotografare voleva dire guardare al mondo con occhi sempre nuovi, alla ricerca di quella bellezza inattesa, a volte sfacciatamente provocatoria, che si annida in quei fatti della vita percepiamo come insieme i più semplici e più densi di significato. Restano impresse nella memoria, così, le immagini scattate nelle fabbriche, in cui luoghi e soggetti si pongono gli uni rispetto agli altri in modo tale da dare vita ad armonie quasi avanguardistiche. Dolcezza e schietta verità giungono allo sguardo dello spettatore nelle fotografie che raccontano invece un parto, dove la brutale bellezza della vita nascente appare in tuta la sua potenza, pure se ingentilita dal bianco e nero. Ma provocatori sono a loro volta, e in tutt’altro senso, anche i ritratti di Ezra Pound, della cui poesia Lisetta Carmi, ebrea italiana, si innamorò.
Geniali sono poi le foto della serie Metropolitan 1965, dove Parigi è raccontata non con gli occhi del turista alla ricerca dei luoghi simbolo della città, bensì attraverso la rete sotterranea della metropolitana, con tutte le cose e persone che la abitano, con le loro storie tese tra un monumento e l’altro, tra un luogo noto al pubblico e una banlieue. Qui le immagini di Lisetta Carmi fanno come quei romanzi che raccontano in terza persona e magistralmente eludono dettagli importanti, lasciandoli però all’immaginazione.
Ci sono poi le fotografie dedicate alle donne e le immagini che hanno al centro il mondo del lavoro, soprattutto quello umile, accompagnate dalle musiche di Luigi Nono. C’è la serie dedicata ai trans, dove immagini dai toni accesi e graffianti, ma non tuttavia prive di una certa dolcezza ed empatia, fanno venire in mente certi film di Almodovar.
Tutte queste fotografie sono voci, preferibilmente quelle degli ultimi, di quelli di solito inascoltati, delle persone, come degli eventi, che normalmente tendiamo a sospingere ai margini della coscienza e della società. Ma era proprio in questi luoghi, dell’anima come delle città, che Lisetta Carmi amava lasciare che il proprio sguardo di fotografa si posasse, per leggerne i racconti, anche quelli più segreti e inconsapevoli, e lasciare che dispiegassero tutta la loro semplice e fortissima poesia.
Un’ultima, imperdibile sezione della mostra è poi dedicata alla musica. Il titolo della mostra, suonare forte, non è infatti casuale, ma riferito all’importanza che la musica rivestì nel corso della vita e dell’opera di Lisetta Carmi.
Il lavoro qui in mostra è un quaderno creato dalla fotografa a partire da un brano di musica dodecafonica per pianoforte composto da Luigi Dallapiccola nel 1962, che porta il titolo Annalibera. La fotografa, qui, scatta immagini del brano così come è composto, letteralmente trascritto sullo spartito. I tratti di penna, i grafismi, i segni che rimandano ai suoni, sono riportati creativamente, quasi a rendere plastica e visibile la musica stessa, nella sua poesia e struttura.
E proprio la struttura del brano, che si compone di 11 pezzi tra loro collegati, rimanda, nelle parole della stessa Carmi, a una dialettica profonda, che racconta qualcosa insieme filosofico e molto umano.
Leggendo il testo che accompagna il quaderno, scopriamo infatti che il brano è dedicato dal musicista alla sua figlioletta di otto anni, nel giorno del suo compleanno. È quindi un brano tutto sommato semplice, tenero, spinto dal desiderio “di dire cose semplici e affettuose”, come quelle che un padre rivolge alla sua bambina. E tuttavia esso ha in sé anche una vivida componente tragica, poiché tragica è l’umana esistenza.
Ne nasce, così, una dialettica tra purezza e tragedia, una tensione produttiva non estranea a qualsiasi espressione artistica, con qualsiasi mezzo essa sia prodotta, che sia un piano forte, la poesia o la macchina fotografica.
L’arte, come la musica, si rivela allora nella sua profonda essenza di “comunicazione di un’anima”, aspetto che Carmi esprime graficamente nelle immagini delle linee tracciate ad inchiostro, nel loro essere portatrici di chiarezza, poesia e unità.
Tra queste pagine e queste righe scopriamo, allora, quello che forse è il senso profondo, il tratto intimo e la cifra di tutto il lavoro di Lisetta Carmi. Lascio che ad esprimerlo siano le sue stesse parole, leggibili in mostra, che in parte ho già riportato tra virgolette e che mi permetto ancora una volta di riportare:
“L’affermazione della nascita rimane senza risposta: ma la vita, nei suoi aspetti molteplici e contraddittori, nelle sue difficoltà e nelle sue conquiste, nelle vicende modeste come nelle più alte sublimazioni, “deve” essere vissuta e compresa in un dialogo costante con la realtà di ogni giorno, come attuazione del nostro destino.”
Le fotografie di Lisetta Carmi ci raccontano, insomma, che la vita, nel suo apparirci assurda, tragica, ma anche bella e dolce, porta in sé la scommessa più alta di tutte: un invito a vivere intensamente, anche le cose più piccole, apparentemente umili o banali. Perché solo così la sua magia, se non il suo senso, si dispiega e profondamente ci affascina.