Fino al 26 febbraio 2023, all’Archivio di Stato di Torino è in corso la mostra “David Bowie – Steve Schapiro. America. Sogni. Diritti”. Curata da Ono arte di Bologna, prodotta da Radar, Extramuseum e Le nozze di Figaro, media partner Radio Veronica one e patrocinata da Regione Piemonte, la mostra conta 70 scatti firmati da Schapiro, la maggior parte dei quali ha come protagonista il Duca Bianco.
Le immagini in mostra si concentrano sul primo periodo americano di Bowie, che va all’incirca dal 1974 al 1976, comprendendo però anche fotografie che testimoniano la temperie culturale dell’epoca. Schapiro fotografa la famiglia Kennedy, Mohammed Alì, Martin Luther King, Andy Warhol, ma scatta anche sul set film cult realizzati negli Stati Uniti in quegli anni, come “Il padrino”, “Midnight cowboy” e “Apocalypse Now”. Queste immagini aiutano a definire il ritratto degli Stati Uniti in quel periodo storico e permettono di contestualizzare gli eventi che intercorsero nel percorso artistico di Bowie in una visione più ampia.
Il rapporto tra Bowie e l’America fu complesso. Per Bowie quegli anni furono divisi tra un momenti di grande intensità creativa, ma anche di sofferenza personale, dovuta anche all’abuso di droghe e dalla frequentazione di autori esoterici e altre varie disavventure. Negli stessi anni vedono la luce alcuni album spettacolari, come Diamond dogs e Young americans. Ma per Bowie non è un momento felice. L’ambiente di Los Angeles, la droga e gli eccessi lo rendono fragile psicologicamente.
E così, dopo il periodo critico a Los Angeles, dove dà vita a uno dei suoi capolavori eterni, Station to Station, le cui immagini iconiche occupano buona parte della mostra torinese, Bowie tornerà nel vecchio continente. Sceglierà di trasferirsi a Berlino e lì comporrà insieme e con Brian Eno alcuni dei suoi pezzi più belli, contenuti negli album di quella che passerà alla storia, appunto, come la trilogia berlinese.
Tornerà in America molto più tardi, negli anni novanta, e si trasferirà a New York, dove vivrà per alcuni silenziosi anni con la sua famiglia e infine tornerà alla musica e comporrà il suo parting gift, altra indimenticabile pietra miliare musicale, Blackstar.
La mostra in corso a Torino, così, gioca su due fronti: da un lato rende conto dell’ambiante culturale dell’America degli anni settanta, tra gli ideali democratici e le contestazioni in seguito alla guerra del Vietnam e su temi fondamentali come la lotta al razzismo e per i diritti delle minoranze. Ma c’è anche un fervente fiorire creativo, tra la factory di Andy Warhol e le varie esperienze di pop art, in una produzione artistica e musicale vivacissima, per non parlare delle indimenticabili produzioni cinematografiche che hanno fatto la storia del cinema.
E poi c’è Bowie e la sua carismatica personalità. Le immagini in mostra sono spesso note al pubblico dei fans, e tuttavia è interessante vederle aiutandole nel contesto specifico in cui furono scattate, e valutandole nel loro essere frutto dell’arte fotografica di Schapiro.
Bowie, mai come in questo periodo e luogo, è l’alieno: colui che viene da un altro mondo, che guarda ciò che accade da una distanza che è soprattutto psicologica e mentale, e tuttavia dà forma a una musica innovativa, devastante, mai sentita prima, in grado di cambiare in meglio la vita di milioni di persone per molti anni a venire.
Viene in mente un episodio di cui esiste un video su YouTube. Una volta, appunto intorno al 1974 o 75, un giornalista chiese a Bowie quale fosse il suo rapporto con l’America. Lui gli mostrò il bicchiere di latte che stava bevendo. Dentro era caduta una mosca: una creatura completamente estranea a quel contesto, che tuttavia se ne stava lì e se ne nutriva. Ecco come si sentiva Bowie, per lo meno in quegli anni, in America.
Definire Bowie, il Bowie di quegli anni in particolare, l’alieno può apparire ridondante o riduttivo, a meno di andare in profondità e cercare di comprendere lo stato d’animo che alberga dietro l’immagine del personaggio che arriva da lontano, osserva il mondo, se ne innamora e tuttavia in esso non può riconoscersi, né spesso sentirsi, seppure idolatrato, intimamente riconosciuto. È questo un sentimento chiave: il non sentirsi parte di nulla, e tuttavia vivere appieno ogni cosa, amando la vita nel bene e nel male, a rischio persino della propria integrità psicologica. Come una mosca in un bicchiere di latte.
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Ho conosciuto David Bowie solo dopo i miei cinquant'anni, e l'innamoramento per questo personaggio é scattato all'istante. L'uomo venuto dalle stelle che sulla Terra non riesce ad ambientarsi é una figura iconica. Ciò che di lui mi é piaciuto é l'aspetto contemporaneamente algido e sensuale. Una voce ed un corpo perfetti per farne esibizione di sé. Nello stesso tempo il suo seducente collocarsi in ambientazioni surreali, fuori dal tempo e per questo eterni. Il duca bianco suona la sua chitarra anche in mezzo ad un pubblico estraneo alla sua performance, privo di orpelli estetici. Viene spontaneo il desiderio di aggrapparsi ai suoi abiti decisamente fuori dal comune e prendere il volo sognando mete mai viste oppure inesistenti, frutto di una mente eccentrica che elabora paesaggi fantastici frapponendosi alla Realtà.