In occasione del 30mo anniversario della strage di via Palestro, il PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano invita alla riflessione attorno al tema del ricordo e della memoria: la Project Room si popola con il lavoro del fotografo Nicola Bertasi Like Rain Falling from the Sky curato da Damarice AMAO.
Il progetto, finalista al Grand Prix della fotografia documentaria 2019, prende vita dall’esperienza diretta del Vietnam da parte dell’artista e dall’indagine della memoria storica e collettiva legata alla guerra. La guerra americana in Vietnam (1961-1975), per quanto lontana possa sembrare, è profondamente radicata nell’immaginario visuale occidentale del secondo dopoguerra. Il lavoro di Bertasi si propone di stilare una nuova «Cartografia visuale della memoria», come la definisce la curatrice Damarice AMAO, rinunciando al bacino di immagini choc proposte dal reportage classico. Il titolo della mostra prende spunto dalla frase pronunciata da un vecchio contadino di Can Gio ed evoca l’ingenuità del confondere gli eventi catastrofici in corso con eventi naturali: «It was like rain falling from the sky».
All’ingresso del percorso le pareti sono costellate di ritagli e copertine di giornale, un video mostra persone che manifestano per strada contro la guerra; queste componenti arricchiscono la ricerca dell’artista conferendole un carattere archivistico.
Proseguendo, la mostra si focalizza sul lavoro di Nicola Bertasi in Vietnam, in particolar modo viene analizzato l’impatto sull’ecosistema e sull’anima della gente locale. Da alcune fotografie appaiono le tracce visibili dell’ecocidio che, come cicatrici, puntellano il paesaggio vietnamita, altre propongono ritratti che danno voce alle testimonianze dei protagonisti del trauma, troppo spesso messi a tacere. «C’è ancora una strada qui nel villaggio. Ogni volta che cammino sento l’odore della diossina. Gli altri non lo sentono. Mi dicono che non c’è odore. Forse è solo un ricordo, ma io lo sento…», afferma il 67enne Mr. Nguyen Dinh Long, abitante di Dai An, che perse due figli a causa dell’irrorazione di diossina da parte degli elicotteri americani.
Alcune opere sono realizzate attraverso la sovrapposizione di immagini d’epoca e fotografie di attuale quotidianità . Le immagini del passato si intrecciano a quelle presenti generando una memoria complessa, a tratti a colori, a tratti in bianco e nero.
Nicola Bertasi definisce così il proprio lavoro: «Un puzzle che non ho voluto incorniciare ma un attimo prima di appenderlo, ho deciso di dare in pasto al nostro immaginario». L’approccio umanistico dell’artista permette l’attivazione di una memoria individuale grazie al carattere di universalità ricercato. Nel caso specifico di Bertasi ad agire è un ricordo autobiografico legato alla sua storia familiare, anch’essa stravolta dalla guerra.
«Mio nonno ha dovuto abbandonare il suo paese nel 1983 perché era ebreo. Poi scoppiò la guerra. Grazie alle economie di suo padre riuscì a rifugiarsi in Svizzera. Si salvò e io sono potuto nascere», riportando le frasi conclusive del libro di Bertasi, nato dalla sua partecipata esperienza in Vietnam.
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