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L’intimità dell’America negli scatti di Joel Meyerowitz
Fotografia
Una fotografia è un’opera d’arte quando l’autore, intenzionalmente, non si limita a riprodurre la realtà ma riesce a carpire dal dato reale ciò che risuona in sé. Chi, nel corso della sua carriera, ha fatto di questo pensiero una pratica è il fotografo americano Joel Meyerowitz (New York, 1938), uno dei protagonisti della scena fotografica contemporanea.
Brescia dedica a Joel Meyerowitz un’ampia retrospettiva dal titolo JOEL MEYEROWITZ. A Sense of Wonder. Fotografie 1962-2022 presso il Museo di Santa Giulia di Brescia, fino al 24 agosto 2025 a cura di Denis Curti, promossa dal Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Joel Meyerowitz Photography Archive di New York.

La rassegna ripercorre attraverso oltre 90 opere, organizzate per capitoli tematici, l’intera carriera del fotografo americano, dagli anni Sessanta del secolo scorso ai giorni nostri.
L’arte di Meyerowitz si distingue per la peculiare capacità d’immedesimazione e di immersione totale in ciò che il suo occhio vede e il suo obiettivo traduce in immagine.
La cifra più caratteristica della sua fotografia si può definire con il termine inglese intimacy, ovvero l’abilità di avvicinarsi il più possibile alla scena per cercare di catturare l’intimità del momento, per accogliere e riconoscere l’inaspettato.

A cominciare dagli anni Sessanta, Meyerowitz emerge come uno tra i giovani fotografi d’avanguardia più interessanti di New York, muovendosi con l’obiettivo di far emergere la dignità intrinseca all’uomo, facendo così sua la convinzione “bressioniana” secondo la quale le storie più interessanti emergono, per lo più, dall’ordinario, piuttosto che dallo straordinario. Così facendo, sceglie di intraprendere una strada nuova e anticonformista: nel 1962 inizia a scattare a colori, andando contro tutti i principi estetici e filosofici della fotografia dell’epoca.
Dagli anni Settanta, rientrato negli Stati Uniti da un viaggio in Europa, trova il proprio paese devastato emotivamente dai sentimenti contrastanti inerenti alla guerra in Vietnam. Meyerowitz, perciò, inizia il lavoro di reporter restando in patria e rivolgendo lo sguardo verso coloro che rimuovono inconsapevolmente le tracce delle operazioni belliche. Il fotografo, attraverso questi scatti, riesce a comunicare un punto di vista originale sulla società americana del tempo, usando l’immagine per interrogarsi sul rapporto tra individuo e società, tra guerra e pace.

Il percorso continua con gli scatti degli anni Ottanta in cui il fotografo allontana progressivamente il suo sguardo dalla strada in favore della natura, come nel ciclo di scatti realizzati a Cape Cod, sulla costa atlantica del Massachusetts. Queste opere si distinguono per il respiro ampio e per la contemplazione meditativa dei luoghi, in cui l’uomo e la natura s’incontrano in una sintesi visiva capace di comunicare un senso di eternità.
Arriviamo quindi a une delle sezioni più toccanti e emozionanti di tutta la rassegna in cui vengono esposti gli scatti della serie Ground Zero, reportage eseguito dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York. Cromaticamente sobrie e austere, queste opere mostrano una nazione ferita ma comunque fermamente orgogliosa delle proprie radici e unita nel dolore.

Completa il percorso il focus dedicato ad alcuni dei 365 autoscatti, mai proposti in Italia, che l’artista si fece, giorno per giorno, durante il lockdown del 2020. Anche in queste opere più recenti, l’artista ricorda quanto la fotografia possa essere un mezzo di riflessione sul vissuto del singolo e della collettività, un dispositivo per riscoprire il presente in ogni suo aspetto.

L’esposizione di Meyerowitz rappresenta una straordinaria occasione, non solo per conoscere da vicino i capolavori di uno dei più grandi fotografi a livello internazionale, ma anche per ritornare con la mente, attraverso la forza evocativa delle immagini, a momenti personali e storici significativi, ancora vividi nell’immaginario collettivo.