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L’occhio sociale digitale di Erwin Olaf: le fotografie del grande autore in mostra a Napoli
Fotografia
«The supermarket shelves, emptied by hoarders, made me realise that for decades I have assumed that everything would always be there, that our dancing on the volcano’s edge would never end» – «Gli scaffali dei supermercati, svuotati dagli accumulatori, mi hanno fatto realizzare che per decenni ho dato tutto per scontato, che la nostra danza sul bordo del vulcano non sarebbe mai finita». Con queste parole, il fotografo Erwin Olaf (Hilversum, 1959 – Amsterdam, 2023) descriveva il suo lavoro sulla pandemia, dichiarazione che può essere estesa all’intera produzione dell’artista.
L’opera fotografica di Erwin Olaf, per la prima volta a Napoli, è ospite della Fondazione Mannajuolo, alla Galleria Al Blu di Prussia, con la mostra I am, in collaborazione con lo Studio Erwin Olaf e la galleria Paci Contemporary.

Olaf è fra i più grandi autori della fotografia contemporanea internazionale. Si è laureato alla scuola di giornalismo di Utrecht con l’intenzione di diventare fotografo documentarista, è stato ritrattista ufficiale della famiglia reale olandese, ha ricevuto numerosi premi e ha esposto nei maggiori centri culturali sparsi nel mondo. Il suo percorso si attesta inizialmente su una fotografia di tipo documentaristico, il suo interesse è rivolto alle minoranze e i suoi riferimenti sono in particolare Robert Mapplethorpe, Weegee e Helmuth Newton. Successivamente, fra gli anni Ottanta e Novanta, il suo sguardo attivo e documentaristico si evolve per confluire in una visione più riflessiva, tecnicamente costruita al fine di realizzare progetti scattati interamente in sala posa.

Erwin Olaf è un uomo consapevole del tempo e del luogo in cui vive e queste presenza viene espressa attraverso ogni suo progetto. Il fotografo vuole trasferire, nelle sue immagini, le emozioni che prova realmente e far comprendere l’imprevedibilità della vita. L’artista ambienta i suoi scatti in interni che assumono note cinematografiche come nei lavori Grief (2008) e Hope (2005) in cui vi è un riferimento ai film degli anni Sessanta e Settanta, da Luchino Visconti a David Lynch, fino alla più recente serie tv Mad Men. In Keyhole tornano gli interni con delle figure di spalle, come a voler evocare un senso di attesa e solitudine.

Dal 2012 al 2018 Olaf realizza invece una trilogia sulla città. Il fotografo esce dalla sua comfort zone e sperimenta un nuovo approccio, lasciando il suo studio per addentrarsi in luoghi suggestivi e incontrare personaggi particolari. Le città protagoniste, Berlino (2012), Shanghai (2017) e Palm Springs (2018), sono molto differenti fra loro e rappresentano simbolicamente Europa, Asia e America, tre continenti nelle loro differenze. Come la serie su Berlino è incentrata sul potere della gioventù, a Shanghai si focalizza sul giovane adulto che deve sopravvivere in una metropoli dominante, mentre il capitolo su Palm Springs esplora il tema della debolezza.

Oltre all’interesse documentaristico e cinematografico, il fotografo produce diversi autoritratti che rappresentano l’esito di un’introspezione personale e di una riflessione sulla condizione umana e sull’ineluttabilità dello scorrere del tempo. Nel trittico-autoritratto Self-Portrait 50 Years: I Wish, I Am, I Will Be (2009), Olaf racchiude il suo passato, il suo presente e il suo futuro, con tutte le speranze, i timori e le inquietudini che ne conseguono. Le tre immagini sono tecnicamente uguali ma mostrano il mezzo busto del fotografo in tre diverse fasi della vita. Il fotografo con fattezze più giovani, cioè come vorrebbe essere. Segue poi la versione attuale, risalente al 2009, e infine la versione di come sarà in futuro, attaccato a una macchina d’ossigeno. Una versione digitalizzata del dipinto Le tre età dell’uomo di Tiziano.

Erwin Olaf non ha paura di apparire vulnerabile e fallibile, si mostra come fosse esposto in un bancone frigo del supermercato: il tema risulta quanto mai attuale pensando agli standard che siamo quotidianamente chiamati a raggiungere per apparire giovani e belli, privati di ogni difetto.

Il lavoro April Fool (2020) è il pesce d’aprile che ci ha riservato la pandemia da Covid-19 nel 2020, interpretata dal fotografo tramite questa narrazione fotografica. L’artista afferma infatti che la sintesi visiva del progetto ha dato forma alle sue emozioni e alle immagini che lo hanno paralizzato quando si è accorto all’improvviso, come il resto del mondo, di essere piombato nell’incubo surreale della pandemia. Il protagonista, impersonato dallo stesso fotografo, vaga per i corridoi del supermercato o nella sala posa con lo sguardo attonito, vitreo, perso in un vuoto incolmabile, incapace di affrontare la situazione. Un buffone dal volto dipinto di bianco che però ha perso il suo sorriso.


La mostra di Erwin Olaf alla Galleria Al Blu di Prussia, a Napoli, sarà visitabile fino al 28 febbraio 2025.