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Milano anni ’60. Storia di un decennio irripetibile
Fotografia
I mitici anni Sessanta incantano sempre, e quelli milanesi sorprendono tutti per il carico di cambiamenti, entusiasmo, ottimismo e utopia nel futuro, all’insegna di un benessere diffuso. Milano ieri come oggi, è attrattiva perché dall’immediato dopoguerra è una città-evento di accadimenti epocali nella riprogettazione architettonica, predisposta al cambiamento, pionieristica nell’editoria, grafica, nel design, nella moda, accogliente e aperta alle avanguardie artistiche.
Gli anni “del miracolo italiano” rimandano alla Milano di Lucio Fontana, Piero Manzoni, Bruno Munari. Questi e altri avanguardisti dell’epoca, habitués del quartiere di Brera, dove al Bar Jamaica, artisti, poeti, scrittori, musicisti dalle tasche vuote e dalla testa piena di idee inventavano il nuovo, tra un bicchiere di vino e l’altro. A Palazzo Morando (Via Sant’Andrea 6, fino al 6 febbraio), l’immersione in questo turbolento periodo è totale, con la mostra “Milano anni ’60. Storia di un decennio irripetibile” a cura di Stefano Galli, documentato con centinaia di fotografie, apparati iconografici e oggetti-specchio del Boom economico, dello sviluppo delle periferie, fino alle drammatiche immagini (alcune inedite) della strage di piazza Fontana del 12 dicembre del 1969, quando una bomba alla Banca Nazionale dell’Agricoltura semina morte e crescono le paure degli italiani, facendo finire il sogno e aprendo l’epoca plumbea e violenta del terrorismo.
La nascita della Milano contemporanea
Negli anni Sessanta gli italiani lasciano le campagne e cercano lavoro nelle grandi città, e a Milano fioriscono i quartieri del Gallaratese, la Comasina, del Gratosoglio, Quarto Oggiaro. La metropoli si estende e cambia pelle, esplode la speculazione immobiliare, s’innalza vertiginosamente verso il cielo il Pirellone di Gio Ponti, la Torre Galfa, e arrivano la Tangenziale, l’Autosole e la linea rossa della metropolitana il cui design è firmato da Franco Albini. Servono nuove case, negozi, strade e trasporti, parcheggi e distributori di benzina, s’investe in grandi opere pubbliche. Le fotografie della Stazione Centrale documentano l’impressionate afflusso continuo di nuovi milanesi.
La Milano di allora, come quella di oggi, era tutta un cantiere, carica di aspettative, capitale della cultura, e nella seconda metà di quel decennio tira anche un’altra aria di contestazione legata alla Beat generation: incominciano i primi vagiti del movimento studentesco, delle contestazioni intorno al liceo Parini, con il giornaletto “La Zanzara” degli studenti. Tra le fotografie in bianco e nero recuperate da decine di archivi, sono preziose non soltanto le immagini che ritraggono i riti ormai consolidati del benessere economico, come le prime minigonne, il supermercato di Viale Zara con le cassiere in divisa, inaugurato nel’69, le folle al bar con la tv anche in via Solferino, la sfilata di moda all’aperto in via Spiga, ma anche oggetti di modernariato.
Materiali domestici
Tra cucine a gas, lavatrice, frigorifero, spicca il salottino di un interno borghese, con la lampada Arco dei fratelli Castiglioni, il telefono in palmo di mano Grillo, antenato del cellulare, le pattine, la lucidatrice e altri “reperti” della vita domestica, quando i materiali tradizionali vengono sostituiti in gran parte dai derivati plastici (polistirolo, formica, polietilene, polivinile). Si allargano i consumi e la pubblicità è irruente, il carosello crea negli italiani il desiderio dei beni di consumo e di oggetti all’insegna della funzionalità ed estetica, diffusa nelle classi medie attraverso il design.
E in questo panorama urbano caotico e vitale, nel pieno del miracolo economico, Milano è motore dello sviluppo industriale, divisa tra ricchi e poveri. I ceti abbienti risiedono intorno al centro città, la classe operaia nelle periferie e il sottoproletariato nelle baraccopoli chiamate “coree”. L’emergenza, all’epoca, era progettare il suburbio urbano, e sono stati molti gli architetti chiamati a risolvere i problemi, però senza mai riuscirci del tutto. Milano nasce monocentrica, tutto ruota intorno al Duomo, dove a fine settimana confluiscono i milanesi di periferia, si guardano le vetrine della Rinascente, si passeggia in Galleria e ci si ferma qua e là per vedere la gente che mangia il gelato. E nelle sere della bella stagione i milanesi sostano ai piedi dell’austero monumento a Vittorio Emanuele II a dibattere di politica, costume e società, che cambia sotto la leggendaria dattilografa della Kores, insegna al neon in Piazza Duomo, che batte i tasti su Palazzo Carminati, nonché sigla della Compagnia Generale di Elettricità: emblema futurista che esalta la sconfitta delle tenebre e la vittoria della luce artificiale.
Anticipi colti della Milano da bere, tra teatri e jazz
Milano tra una Fiera Campionaria e l’altra si diverte, mondana e irriverente, è vivace anche di notte: pullulano teatri d’avanguardia, cabaret, il Derby Club con Enzo Jannacci e Cochi e Renato, Dario Fo; Milano diventa centro di sperimentazione di nuovi linguaggi, Giorgio Gaber provoca il pubblico al Santa Tecla, altro tempio della musica, dove si esibisce anche Adriano Celentano. Dopo il Cab 64, nascono i Gufi, gruppo, fondato nel 1964, protagonista della scena cabarettista musicale milanese. Questi e altri nuovi locali mappano una città attrattiva anche per artisti e musicisti stranieri, che diventa capitale del Jazz intorno a Enrico Intra, autonomo dagli stilemi d’oltreoceano. Alla Taverna Messicana si esibisce Billie Holiday, poi al Teatro Gerolamo, Chet Baker si esibì invece al Santa Tecla e fu un fiasco, al Teatro dell’Arte va in scena per la prima volta in Italia il quartetto di John Coltrane, al Teatro Lirico, in occasione del festival del Jazz, organizzato da Arrigo Polillo, instancabile promotore di concerti e raffinato cultore del genere, tutti i più importanti jazzisti del mondo scelgono Milano per concerti unici.
I Beatles arrivano al Vigorelli nel 1965, alla Trattoria dell’Oca d’oro in via Lentasio, Franco Battiato, Dino Buzzati, Umberto Eco, e altri intellettuali s’incontrano. Poi, dal 1968 gli scontri tra polizia e manifestanti alla Triennale, occupata dagli studenti-artisti, la contestazione della prima della Scala, l’Attentato all’ufficio cambio della Stazione Centrale, l’occupazione dell’Università Cattolica, e altri fatti di cronaca in linea con il “maggio francese”, rappresentano un allarme sociale che finirà negli anni di piombo della lotta armata, e di altre rivoluzioni.
Catalogo edito da Milano in Mostra
Palazzo Morando, via Sant’Andrea 6, Milano