Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Pavlo Borshchenko.
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Mi piace la definizione di arte come produzione di cose inutili. Solo con il giusto livello di astrazione possiamo creare cose utili di per sé. L’arte è sempre una riflessione dell’artista, il suo ripensamento del contesto, l’esperienza personale di questo contesto attraverso se stesso, ed è per questo che l’arte veramente degna è sempre intima e tocca il personale, inseparabile dall’autore».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Sto ripensando all’eredità sovietica e al modo in cui continua a influenzare la vita nel mio paese. Ciò che è sovietico è impersonale e privo di genere, queste immagini collettive si rivolgono all’eroe universale del periodo. Queste ricerche sono controverse per l’identificazione contemporanea della differenza di personalità, ma continuano a influenzare la mia generazione a livello dell’inconscio collettivo».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Per me, come artista, è importante un ambiente creativo, una comunità di persone che la pensano allo stesso modo con cui posso discutere di arte. Ma d’altra parte, ora che vivo in un altro paese e ho una comunicazione limitata con molte persone vicine, è diventato importante per me partecipare alla vita pubblica».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Lavoro attivamente con immagini comprensibili o stereotipate del passato, provandole consapevolmente nel presente. Questo gioco in realtà genera nuove rappresentazioni dall’identità poco chiara ma che sono archetipiche per la mia generazione. Da un lato, come artista, creo una realtà speculativa inesistente, ma è entro i limiti della realtà esistente».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Puoi definirti un artista ai tuoi occhi, questa è la cosa principale, agli occhi del mondo la cosa principale sarà la tua carriera artistica. Puoi usare tutte le tue forze disponibili per promuoverla, ma ciò non garantisce in alcun modo che agli occhi del mondo sarai considerato un artista.
Tuttavia, per me è importante che il mondo mi riconosca come artista, perché nel mio paese gli argomenti che affronto attraverso il mio lavoro continuano a essere fuori dal centro del programma culturale della società».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«La mia identità culturale sopravvive alla guerra insieme al mio Paese, trasformandosi in risposta a eventi drammatici. Vorrei che la società crescesse fino all’accettazione del suo passato storico e alla sua riflessione critica, anche attraverso l’arte. Questo legalizza la mia identità nell’arte nel mio contesto».
Pavlo Borshchenko è un artista e fotografo ucraino. Nato nel 1988 nella città di provincia di Sumy, situata nell’Ucraina nord-orientale, lavora sul tema dell’eredità sovietica e sul suo impatto sulla società post-sovietica, utilizzando il mezzo fotografico. Attualmente di base a Varsavia, in Polonia. Ha partecipato a mostre personali e collettive in Ucraina, Germania, Francia, Belgio, Italia, Danimarca, Slovenia, Austria.
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