Categorie: Fotografia

Other Identity #114. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Dodo Veneziano

di - 1 Giugno 2024

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Dodo Veneziano.

Other Identity: Dodo Veneziano

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«Non so se ho realmente mai pensato di fare dell’arte, per me la fotografia, è un sintomo, ed è sempre stata un’esigenza espressiva, un modo per uscire da quel mondo che sentivo troppo stretto e troppo distante, ho iniziato con il nascondere ed il trasformare me stesso nelle mie stesse immagini, fino a raggiungere una consapevolezza, “nulla si ripete realmente allo stesso modo”, tutto è personale ed intimo e tutto è spettacolo da mettere in scena o da nascondere. Oggi la mia rappresentazione di arte è sempre esigenza, ma da alcuni anni ho iniziato a farla diventare anche esperienza condivisa e diffusa, un modo per curare se stessi ed allo stesso tempo per essere cura e aiuto per qualcun altro».

Dodo Veneziano, Aspettando il respiro 2019 Cyanotype on Gum Bichromate print 30×40

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«L’identità è per me l’esatto contro altare alla rappresentazione, credo che in un modo o in un altro noi siamo sempre in scena, e che il più delle volte la messa in scena più raffinata e credibile è quella che noi stessi ci somministriamo, l’autoritratto è la punta dell’iceberg dell’autoinganno, un bisogno indispensabile di rappresentare un noi stessi che non esiste, o che magari esiste solo per noi stessi. Credo che in questo momento la mia identità personale in questo nuovo e complesso mondo dell’arte sia un identità “interpersonale” una fotografia che diventa un legame tra me e chi fotografo, fino quasi a perdere l’idea di unico autore dell’opera».

Dodo Veneziano, Catarsi in acqua e occhi salati 2019 Cyanotype on Gum Bichromate print 30×40

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Credo che questa domanda contenga già quel cortocircuito che io vivo e che in questo momento sento come parte di un disaggio sociale, la facilità con la quale ci si può rappresentare e mostrare ad una moltitudine di individualità ci sta facendo credere che questa forma di “Apparire” ci sia una possibilità, ma il problema reale è che non è ben chiaro quale sia questa possibilità.

E già molto complesso oggi “essere” per se stessi, condividere se stessi con la società è un rischio che tanti artisti contemporanei per indole hanno scelto di non correre, e non per paura del giudizio, ma per paura di rimanere sotterrati dal silenzio e dall’oblio».

Dodo Veneziano, Coscenza del vento ed occhi fissi 2018 cyanotype on Gum Bichromate print 30×40

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Non so se io ho un valore di rappresentazione, so che c’è tanta gente che mi segue, e che segue il mio percorso creativo con attenzione e con interesse, interagendo con me e condividendo con me vita ed esperienze, ecco vedo in questo scambio privo di evidente fine lucrativo, un’energia che da valore a quello che faccio, la mia fotografia è manifattura, le mie fotografie sono oggetti, da toccare e da vivere, il solo modo che ho per mostrarli è metterli fisicamente in mostra».

Dodo Veneziano, Indosso la mia pelle 2019 Cyanotype on Gum Bichromate print 30×40

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Naturalmente no, non mi definisco un’artista, o forse lo sono, ma non credo di dover essere io a definirmi tale, credo che nel mio piccolo la mia intenzione degli ultimi 40 anni sia quella di lasciare qualcosa a chi non mi potrà incontrare fisicamente, qualcosa che contenga sia me stesso che in realtà un pò dell’energia che ho assorbito e che ho rilasciato in questi anni, vorrei lasciare delle briciole del mondo che ho osservato e che mia vissuto ed in un certo senso mi ha divorato e digerito, vorrei che dalle immagini passassero le sensazioni e non le intenzioni, non è facile, ma ci sto provando a far diventare le mie immagini contenitori emozionali».

Dodo Veneziano, La maschera della pietà nasconde il dolore 2018 Cyanotype on Gum Bichromate print 30×40

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«A questa domanda potrei rispondere con una parola o con mille e più pagine, potrei dire che come mi è andata, a me sta già bene, e che tutto quello che avrei voluto essere non avrebbe arricchito il mio modo di essere e di raccontare, ma non è cosi, avrei voluto in realtà approfondire altri ambiti dell’arte, avrei voluto essere un musicista migliore di quello che sono stato, ma anche un pittore, e perché no un filosofo ed un viaggiatore, ma la verità è che alla fine delle scelte bisogna farle, e delle cose che si facevano in modo mediocre bisogna farle diventare solo un hobby personale, mi esprimo attraverso la fotografia e cerco di leggere tanti libri per scrivere tante immagini».

Dodo Veneziano, Monumento in marmo bianco al silenzio 2019 cyanotype on Gum Bichromate print 30×40

Biografia

Nato a Palermo nel 1970, ha coltivato la passione per la fotografia già in tenera età, a 12 anni ha iniziato a utilizzare la fotografia come mezzo espressivo personale cercando immediatamente attraverso le prime semplici manipolazioni come i collage fotografici di completare e di arricchire il suo universo fatto ancora di giochi e di scoperte, dopo poco all’età di 14 anni dopo aver sperimentato e demolito tutti i formati amatoriali di pellicola allora esistenti ha scoperto la luce fioca e rossa della sua grande passione La camera oscura.

Ha trascorso gran parte della sua adolescenza in una camera oscura approntata in uno sgabuzzino occupato alla mia famiglia tra scatoloni grigi ed il cambio stagione, sperimentando e manipolando da autodidatta tutto ciò che la fotografia argentica potesse offrire. Gia all’età di 17 anni ha iniziato a stampare per qualche professionista e al contempo iniziava la sua breve ma intensa carriera di fotogiornalista al Giornale di Sicilia e all’Ora i due quotidiani di punta della sua città, per i quali in una decina di anni di onorata carriera ha sviluppato, stampato e pubblicato un discreto numero di fotografie. Durante quell’esperienza professionale intensa e completa ha definitivamente compreso quale fosse per lui il valore e il senso più profondo della fotografia, si era già avvicinato ed appassionato alla fotografia che non strillasse il suo messaggio, ma che lo sussurrasse.

Nel 1988 consegue il Diploma di maturità Linguistica Liceo Linguistico Provinciale di Palermo; tra il 1990-1991 frequenta Teoria e tecnica della Fotografia Istituto Superiore di Fotografia (Roma); nel 1997 consegue l’Attestato in Linguaggio della Fotografia presso la Scuola di Fotografia “Palermofoto- ACSI Matteotti”; tra il 2020-2021 ottiene il Diploma di maturità, Indirizzo Tecnico e Tecnologico, in grafica e comunicazione.

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