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Other Identity #59. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Laetitia Farellacci
Fotografia
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistata è Laetitia Farellacci.
Other Identity: Laetitia Farellacci
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Per me l’arte è un incredibile e potente mezzo che mi permette di guardarmi dentro, attraverso una profonda indagine intima e privata. Così l’arte diventa la manifestazione tangibile di un’esigenza e di un sentire interiore. Il privato secondo me incontra poi il pubblico attraverso un vero e proprio gioco di specchi, suscitando emozioni, reazioni e sensazioni in chi guarda e osserva l’opera».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«L’autoritratto è arrivato fino a me in un modo che potrei definire quasi inaspettato. La scelta del nudo nasce da una necessità profonda, un potente atto simbolico in cui togliersi gli abiti consente di lasciare cadere la propria maschera e stare semplicemente con quello che c’è. Nel “mettermi a nudo” incontro me stessa. Nell’osservare le mie immagini mi auguro che qualcuno altro possa incontrare se stesso, accedendo così a sua volta al suo mondo interiore».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Oggi la pubblicazione sui social dei propri lavori apre ad una possibilità di interazione, conoscenze, nuovi contatti e anche visibilità che un tempo non era nemmeno immaginabile. Senza il mio profilo Instagram attraverso il quale mi hai conosciuto probabilmente oggi non sarei qui a raccontare di me. Inevitabilmente ci si espone e si appare. Penso che l’unica via possibile sia quella della coerenza e dell’autenticità. Se si vive il privato cercando di essere fedeli a se stessi, ricercando la propria verità questo verrà veicolato anche nell’incontro con il pubblico».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Ognuno di noi e specialmente chiunque utilizzi una qualsiasi forma visiva per indagare se stesso custodisce dentro di sé un bagaglio di immagini appartenenti al passato e al contemporaneo. Il richiamo del passato o il lasciarsi ispirare da quello che ci circonda dal mio punto di vista non sono di per se un problema o un limite. Quello che per me è importante è che la spinta nel creare una nuova immagine abbia origine da un intimo patto di fedeltà e onestà con me stessa. La vita è un moto continuo, una trasformazione costante, ho imparato col tempo ad affidarmi al non sapere e a fare spazio all’ignoto ed in questo continuo fluire quello che desidero è incontrare me stessa, anche grazie alla fotografia».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Attraverso le mie immagini mi metto a nudo, racconto il mio mondo intimo, la mia vulnerabilità, mi svelo. Le mie immagini, come ho detto prima, nascono da un’esigenza intima e personale. Toccare l’anima di chi osserva portandolo a sua volta a volgere uno sguardo dentro di sé è quello che spero di riuscire a fare aprendomi al mondo. Questa magica alchimia che si muove dall’interno verso l’esterno per poi tornare nuovamente dentro, forse è questo che sento di potere chiamare arte».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Mi piace dove mi trovo e chi sono oggi, quindi in questo momento nessun’altra».
Biografia
Di madre italiana e padre corso ho passato tutta la mia infanzia in Corsica. Nel 1993 mi trasferisco a Milano con la famiglia dove tutt’ora vivo. La Corsica, con la sua storia, il suo carattere forte, la sua energia particolare, le sue contraddizioni, i suoi colori e profumi intensi, le sue luci e le sue ombre che disegnano ogni forma ed ogni emozione ce l’ho cucita addosso, la sento proprio sotto pelle. Un’isola che oggi ancora influenza il mio modo di percepire il mondo e me stessa. Dopo avere studiato fotografia presso la scuola Riccardo Bauer a Milano per tutti i primi anni di attività mi occupo di fotografia di food, Still Life e arredamento, pubblicando sulle maggiori testate italiane.
Nel 2010, cambio rotta e rimetto tutto in questione. Il rigore tecnico dello still life è stato altamente formativo ma sento fortemente il bisogno di un dialogo fotografico con gli esseri umani. Inizio così a dedicarmi al ritratto per privati, convinta dell’importanza e del valore sociale della costruzione di un patrimonio fotografico familiare come traccia e memoria della nostra storia. Da diversi anni insegno, parte del mio lavoro che amo profondamente, sia in Italia che all’estero.
Comprendo sempre di più quanto il mio percorso professionale sia il riflesso del mio percorso personale. Cresciuta nel silenzio della camera oscura, passando attraverso lo still life e poi il ritratto ho finito per incontrare me stessa. Nel 2020 inizio a lavorare ad un progetto personale di autoritratto che amo definire come un processo di autoguarigione che mi sta dando l’opportunità di volgere uno sguardo autentico e sincero dentro di me, accettando e accogliendo tutte le polarità che appartengono all’essere umano. Luce e ombra, forza e fragilità, silenzio e rumore, pieno e vuoto, fiducia e paura. Una ricerca di autenticità che può avvenire soltanto grazie alla libertà interiore, intesa innanzitutto come libertà da sé stessi, fuori dalle menzogne che spesso ci raccontiamo.