Bianca Boriassi RITRATTO
Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistata è Bianca Boriassi.
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Credo nella tradizione dell’estetica di ogni cosa, penso che l’arte debba partire da li. Amo l’onirico, il decadente, il classico, e credo che l’arte ti debba avvolgere e portarti con sé. Mi piace pensare che la mia arte possa trascendere tra l’irrealtà e la decadenza».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«Racchiudermi dentro una specifica categoria artistica mi risulta difficile. La mia arte sviscera sensazioni interiori con un tocco di atavico. Negli autoritratti riesco a mettermi completamente “a nudo” e sono certamente quelli con cui la mia identità riesce maggiormente a rappresentarsi. Amo sperimentare, mettermi in gioco su diversi fronti. Durante la pandemia, ho cercato di re-inventarmi, di sperimentare qualcosa di diverso cercando di fare indagare la propria identità in un periodo in cui questa era messa in crisi».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«Ritengo sia un aspetto molto importante, quando riesci a far apprezzare la tua visione allora ti ritieni completamente soddisfatto. L’essere visto, guardato, fa parte del grande gioco».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Sicuramente tutto ciò che nel passato abbia lasciato traccia è assolutamente una fonte di ispirazione. E’ giusto studiare, osservare, entrare in profondità di chi ha già fatto, per riuscire a crearsi una propria una strada e un proprio gusto. Solo grazie alla conoscenza e alla consapevolezza si può pensare di creare un proprio valore, una propria identità. Le mie ispirazioni sono svariate, partendo dai grandi maestri fotografi del ‘900 come Avedon, Cartier-Bresson, Philippe Halsman, Weston, per arrivare a Tim Walker, David Lachapelle, l’arte contemporanea di Mirò o De Chirico o l’arte classica dei quadri del ‘500».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Difficile e forse troppo potente per me potermi definire artista agli occhi del mondo. Ma quello è il mio scopo e mi sto incamminando per essere/sentirmi ciò».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Sono interessata all’aspetto umano, in qualsiasi sua forma di espressione, quale artistica ma anche e soprattutto sociale. La mia identità culturale pubblica viene rappresentata non solo in forma artistica ma anche come impegno sociale tramite il mio lavoro di insegnante e tramite di esso attraverso la trasmissione di valori pedagogici».
Bianca Boriassi fotografa professionista. Ha studiato fotografia a Milano, presso l’Istituto Europeo di Design; attualmente lavora come free-lance tra La Spezia e Milano. I suoi lavori sono stati selezionati in numerosi spazi espositivi oltre ad aver partecipato a numerosi progetti e collettivi nella scena underground spezzina e milanese. Da sempre si occupa di educazione sociale, dal 2019 è insegnante di scuola primaria.
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