Categorie: Fotografia

Other Identity #69. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Madeleine Fléau

di - 7 Luglio 2023

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana l’ospite intervistata è Madeleine Fléau.

Other Identity: Madeleine Fléau

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«L’arte è per definizione una finzione, ma il punto è capire rispetto a cosa la finzione si realizza. Se consideriamo che la nostra vita pubblica e sociale è essa stessa costruita, allora l’arte diventa un modo per decostruire. È come giocare con le doppie negazioni: “non può che non essere” vuol dire “è”. Con il mio lavoro cerco di innescare questo genere di corto circuiti. Lavoro con scenari e scenografie eppure non nascondo nulla, perché l’arte è il mio gioco alla doppia negazione».

Madeleine Fléau, Frankenstein Project, 2022

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«Credo che la mia identità artistica sia definita molto più della mia identità nella vita privata e sociale. Il punto, forse, è proprio che faccio fatica a percepire i confini dell’attività propriamente e canonicamente definita “artistica”. Dove inizio e dove finisco sono concetti che per me si diluiscono in quello che faccio. Non riesco a dire come mi piace il caffè, ma riesco lucidamente a vedere cosa c’è e cosa no nel mio prossimo lavoro. E mi sembra che in questo non ci sia molto margine di scelta».

Madeleine Fléau, Idole en boite, 2021

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Poco. Ma sono anche convita che per un artista l’apparenza conti sempre fino ad un certo punto. O quantomeno che non la si possa definire apparenza, perché ad un artista dovrebbe essere chiaro che così come un’opera è, e basta, allo stesso modo la sua vita è, e basta. Per me non esiste differenza tra come mi vesto nel quotidiano e come mi vesto davanti alla macchina fotografica. E non perché mi sia svegliata una mattina e abbia deciso a tavolino di fare così, ma perché solo così sento di non tradire me stessa».

Madeleine Fléau, Baguette, 2021

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Cerchiamo conferme. Io per prima ne cerco di continuo. Sono stata a lungo combattuta tra la necessità di solitudine e la necessità che l’immagine che ho di me stessa corrispondesse a quella che hanno gli altri di me. Cerco allora degli echi e dei richiami storici e presenti. Paradossalmente trovo più facile sentirmi riconosciuta dalle opere, dagli oggetti e dai nomi che porto (in definitiva dalle tracce, come diresti tu) piuttosto che dalle persone. Le mie conferme e i miei disconoscimenti li trovo tutti lì».

Madeleine Fléau, Selfportrait, 2022

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«È l’unica etichetta identitaria che riesco ad indossare. Probabilmente anche se agli occhi del mondo così non dovesse essere, preferirei continuare a definirmi un’artista, perché è ciò che giustifica il mio modo di essere e di sentire».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?

«Faccio veramente fatica a rispondere perché la mia identità più pubblica coincide con la mia identità più nascosta, in virtù di quel gioco di negazione e contro-negazione di cui parlavamo all’inizio. Forse avrei potuto fare l’antropologa, ma non credo che cambiare lavoro avrebbe avuto il potere di modificare questo meccanismo».

Madeleine Fléau, Selfportrait, 2021

Biografia

Madeleine Fléau nasce a Pavia nel 1994, la sua formazione artistica si sviluppa tra la regione natale e la sua terra d’adozione, la Lunigiana, situata nel nord della Toscana. Dopo una breve parentesi nel campo della moda, decide di dedicarsi all’arte laureandosi presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, grazie alla quale parteciperà alla sua prima esposizione nel 2021. Partendo dalla pittura, sperimenta diversi media come il video, con alcuni brevi cortometraggi in bianco e nero. Da sempre utilizza un linguaggio multidisciplinare, spaziando dalla fotografia, al video, fino all’installazione, talvolta fondendo i diversi medium. Al momento l’artista si occupa principalmente della stesura di alcuni fotolibri, della vendita di stampe fotografiche e delle esposizioni presso gallerie e mostre.

Madeleine Fléau, Selfportrait, 2022

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