Categorie: Fotografia

Other Identity #73. Altre forme di identità culturali e pubbliche: Irene Montini e Rocco Gurrieri

di - 4 Agosto 2023

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Irene Montini e Rocco Gurrieri.

Other Identity: Irene Montini e Rocco Gurrieri

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la vostra rappresentazione di arte?

«Amiamo raccontare storie di mistero dove le identità e le apparenze si aggrovigliano, si svelano e nascondono. Non ci diamo alcuna missione, ciò che mostriamo deve per forza essere da qualche parte dentro di noi. Questo timido svelarsi avviene tramite il palcoscenico delle immagini che pieghiamo alla nostra rappresentazione della realtà o dell’irrealtà, articolandosi in un’ironia dissacratoria e sopratutto leggera che ama parlare di tutto meno che della banalità».

Beauty will save the world 2022, fotografia digitale, courtesy Vogue Italia Polimoda

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la vostra “identità” nell’arte contemporanea?

«Non c’è necessità o artificio nella nostra identità lavorativa. Andiamo a rappresentare un immaginario che indiscutibilmente fornisce le tracce del nostro pensiero. Sono impronte un po’ sporche che ci permettono di essere liberi nel raccontare quel che ci affascina svincolandoci da stereotipi, mode e giudizi. Riflettere un po’ troppo sul proprio “ruolo” distrae dal produrre cose che permettono di migliorare, che è l’unica cosa che infine conta».

Eau de toilette 2020, 100×150 cm, courtesy Museo Novecento Firenze

Quanto conta per voi l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Nulla e allo stesso tempo tutto: questa una delle contraddizioni del tempo in cui viviamo. La costruzione e l’esaltazione di sé sono il culto odierno dell’occidente e delle culture che lo corteggiano: Poco tempo addietro solo i nobili, i reali o i conquistatori curavano e agghindavano il loro corpo con tale dedizione. Oggi a chiunque è promessa la vaga speranza di un ruolo pubblico, o di influenza per gli altri. Ma c’è un distacco, un individualismo feroce in questo accanimento; il grande dispiacere lo si prova nel constatare che sempre più raramente c’è un vero affiatamento, amicizia, collaborazione fra artisti; Quasi mai sono davvero amici. Regna piuttosto una bieca competizione che niente ha a che vedere con l’onore, il talento, l’intelligenza. Non si parlano».

Holiday Home 2022, fotografia digitale, courtesy l’artista

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il vostro valore di rappresentazione oggi?

«È inevitabile. Noi veniamo da lì, dal passato. Tutto quel che facciamo è il risultato del passato. Tutto quello che è passato lo era a sua volta. L’incontestabilità di questo fatto fa sì che niente sia mai nuovo. Il genio, la circostanza magica, è il gioco di prestigio dell’artista che rimescola ancora una volta le carte stupendoci con un nuovo numero. Il talento è nell’intelligenza, nella sintesi, dunque nell’elaborazione di un modello di rappresentazione mai uguale a sé stesso. Le nostre ispirazioni provengono dalla pittura, dal cinema muto, dalle illustrazioni delle favole: È incontestabile riconoscere temi e immagini, ma non lavoriamo mai direttamente sul lavoro di un altro: Non ci siamo mai presi la libertà di intervenire su un’opera preesistente perché non ci permetteremmo mai di attualizzare o fare nostro il lavoro, gli sforzi di qualcuno che ammiriamo».

Look Back Anouk 2021, courtesy Museo Salvatore Ferragamo 100×70 cm

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Voi vi definite artisti agli occhi del mondo?

«“Agli occhi del mondo” solo un numero esiguo di artisti possono vantare di essere appartenuti, assai raramente in vita peraltro. Si tende a confondere facilmente la veloce trasmissione dei contenuti odierna con un effettivo riconoscimento da parte del pubblico, un tipo di amore che fra l’altro spesso si accompagna a un periodo storico, a un momento culturale. Inoltre il mondo è, come sempre, spezzato: impossibile anche solo pensare di essere globalmente riconosciuti; l’unico settore che travalica questa difficoltà è la tecnologia, poiché utile. L’arte è utile, ma non se non si ha da mangiare.  Il nostro non è un lavoro dichiaratamente politico, ma destabilizzante: una delle cose più belle quando si ha il coraggio di mostrare qualcosa è ascoltare cosa ne hanno pensato gli altri, perché li ha turbati o resi felici. Il pubblico è qualcosa di inesprimibilmente potente, ha la forza di generare e distruggere e impone una continua e necessaria messa in discussione».

Love me 2022, fotografia digitale, courtesy Pulp Dischi

Quale “identità culturale e pubblica” avreste voluto essere oltre a quella che vi appartiene?

«Ci riteniamo infinitamente fortunati per star riuscendo a fare il lavoro che avevamo sognato. Certo se proprio dobbiamo ammetterlo entrambi avevamo desiderato anche altre vite, forse più anacronistiche ma discretamente affascinanti: Irene ballerina classica in teatri decadenti della vecchia Europa e Rocco marinaio in viaggi mitologici per i mari del nord».

Non mi va 2020, fotografia digitale courtesy gli artisti

Biografia

Irene nasce nel 1994 e Rocco nel 1993. Ci siamo conosciuti al liceo ma abbiamo iniziato a collaborare nel 2017 uniti da una passione viscerale per immagini e storie misteriose. Abbiamo presto capito come far collimare le nostre passioni in progetti personali e come metterle al servizio di chi chiedeva di interpretare il proprio prodotto, o creazione. Usiamo la fotografia e il video come strumenti per manipolare, pulire o distorcere la realtà a seconda della sintesi che vogliamo rappresentare, come nel caso dei nostri lavori in stop motion, o dei lavori fine art di Irene.

Rocco 2022, fotografia digitale, courtesy l’artista

Irene Montini e Rocco Gurrieri hanno realizzato progetti fotografici, fashion film e animazioni sperimentali per musei, brand e magazine come Museo Novecento, Museo Ferragamo, Gucci, Disney Studios, Luisa via Roma, Nike, Ferragamo, Reebok, Vice, ID, Sleek magazine, Schön magazine, Contributor magazine, Loom-est, Just magazine, Pap magazine, WRPD magazine. I loro lavori sono stati pubblicati e recensiti su Art Tribune, Vogue Italy, La Repubblica, Corriere della Sera, La Nazione, Io donna, Marieclaire, Infringe Magazine, Dazed Beauty, L’Officiel Italia.

Weekend 2020, fotografia digitale, courtesy Museo Novecento Firenze

Nel 2019 dirigono il documentario per il museo Salvatore Ferragamo “Sustainable Thinking” e scattano la sezione fashion del catalogo della mostra omonima, l’anno successivo inaugura la loro prima mostra personale “Incanto” presso il museo Novecento di Firenze, curata da Sergio Risaliti e Luca Puri. Nel 2021 partecipano alla mostra “Seta” del museo Salvatore Ferragamo a curatela di Stefania Ricci con stampe fotografiche e il cortometraggio “Look back Anouk”, selezionato in concorso per sei dei più importanti festival e finalista a due di questi, Fashion film festival Milano e London fashion film festival.

Nel 2022 tornano a lavorare per il Museo Ferragamo nella realizzazione degli scatti del catalogo della mostra “Donne in equilibrio” e la ricerca e il montaggio di dieci brevi documentari sulle donne nell’Italia fra il 1955 e il 1965 in collaborazione con Istituto Luce Cinecittà e Rai Teche. Nel 2023 Irene espone con il collettivo Just Women per Image Nation alla galleria Luciana Matalon di Milano e Joseph le Palais a Parigi. A giugno è finalista per il premio Combat prize di Livorno.

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