Categorie: Fotografia

Other identity #8. Altre forme di identità culturali e pubbliche: intervista a Chiara Vitellozzi

di - 6 Maggio 2022

Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana abbiamo raggiunto Chiara Vitellozzi.

Other Identity: Chiara Vitellozzi

Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?

«La mia rappresentazione di arte credo sia un insieme di simbologie, prettamente legate al visivo e all’immagine di corpo, che provano a riconoscersi e a farci riconoscere in un sentire universale».

Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?

«È legata al mettersi a nudo, letteralmente quanto metaforicamente. In un periodo storico in cui spesso veniamo rappresentati attraverso i veli che indossiamo (abiti e maschere), attraverso un’immagine possiamo spogliarci di ogni strato, divenendo vulnerabili».

Chiara Vitellozzi, I saw you disappear, 2022. Fotografia digitale in bianco e nero

Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?

«Nulla».

Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?

«Credo sia da ricercare nel fatto che ogni rappresentazione attesti la contemporaneità in cui si presenta. La testimonianza di un’esistenza, di uno sguardo e pensiero sul mondo. Il valore del qui ed ora, che però grazie alla fotografia, volente o nolente, viene trasformato in un “ovunque” spaziale e temporale».

Chiara Vitellozzi, Cosmos, 2021, Fotografia digitale in bianco e nero

ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?

«Preferisco definirmi una voyeur».

Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene? «Caravaggio. (Oppure quella che lo spiava in segreto mentre dipingeva)».

Chiara Vitellozzi, Pelle, 2022, Fotografia digitale in bianco e nero

Classe 1983, sono nata in una piccola città sul mare in Toscana. All’età di 19 anni mi trasferisco a Firenze per frequentare l’università di architettura ed è qui che rimango affascinata dal rapporto con la forma, dalla materia disegnata dalla luce, dai dettagli nascosti da una lama di nero. Da sempre vedo tutto così: o è luce o è buio.

Chiara Vitellozzi, Sleeping with ghosts_ 01, 2020. Fotografia digitale in bianco e nero

La fotografia diventa a poco a poco la mia ossessione ed il mio linguaggio espressivo. Quella che parla al posto mio quando sono silenziosa. Inizio a lavorare come fotografa di architettura per l’università di Firenze e per alcuni studi di architettura, per poi concentrarmi sull’aspetto che sento più mio da sempre, ovvero il ritratto. Apro quindi un mio studio a Livorno, dove mi occupo principalmente di ritratti su commissione, collaborando con la regione toscana e con altre realtà locali come tutor e docente di fotografia.

Chiara Vitellozzi, Sleeping with ghosts_ 02, 2020. Fotografia digitale in bianco e nero

Parallelamente la mia ricerca si concentra sull’ autoritratto, sul corpo, sulle infinite contraddizioni. Quando mi fotografo non fotografo me, fotografo quello che vorrei essere e che ancora non so di volere. Quando fotografo altro, fotografo quello che sento, vivo, penso.

Attualmente lavoro e vivo a Milano.

Chiara Vitellozzi, Pelle 2, 2022, Fotografia digitale in bianco e nero

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