Tratta dall’omonima rassegna ideata dall’artista e curatore indipendente Francesco Arena, la rubrica “OTHER IDENTITY – Altre forme di identità culturali e pubbliche” vuole essere una cartina al tornasole capace di misurare lo stato di una nuova e più attuale grammatica visiva, presentando il lavoro di autori e artisti che operano con i linguaggi della fotografia, del video e della performance, per indagare i temi dell’identità e dell’autorappresentazione. Questa settimana intervistiamo Barbara Probst.
Il nostro privato è pubblico e la rappresentazione di noi stessi si modifica e si spettacolarizza continuamente in ogni nostro agire. Qual è la tua rappresentazione di arte?
«Nel mio lavoro la rappresentazione si articola in numerose possibilità. Ognuno di loro proviene da un punto di vista diverso e tutti hanno lo stesso valore e la stessa verità».
Creiamo delle vere e proprie identità di genere che ognuno di noi sceglie in corrispondenza delle caratteristiche che vuole evidenziare, così forniamo tracce. Qual è la tua “identità” nell’arte contemporanea?
«L’identità è sempre un “concetto”, che io abbia o che gli altri abbiano di me stessa. Dato che è piuttosto doloroso mantenere tali concetti, preferisco essere semplicemente me stessa».
Quanto conta per te l’importanza dell’apparenza sociale e pubblica?
«L’immagine pubblica può significare molto per me nel momento in cui mi permette di avere voce in capitolo e di articolare le mie idee, dubbi e riflessioni».
Il richiamo, il plagio, la riedizione, il ready made dell’iconografia di un’identità legata al passato, al presente e al contemporaneo sono messi costantemente in discussione in una ricerca affannosa di una nuova identificazione del sé, di un nuovo valore di rappresentazione. Qual è il tuo valore di rappresentazione oggi?
«Mi vedo come una perla in una catena infinita di perle, ognuna delle quali riflette e dubita del mondo del suo tempo e cerca di creare “significato” nel momento di queste riflessioni e dubbi».
ll nostro “agire” pubblico, anche con un’opera d’arte, travolge il nostro quotidiano, la nostra vita intima, i nostri sentimenti o, meglio, la riproduzione di tutto ciò che siamo e proviamo ad apparire nei confronti del mondo. Tu ti definisci un’artista agli occhi del mondo?
«Non mi interessa questo tipo di definizione. Mi vedo prima di tutto come un essere umano».
Quale “identità culturale e pubblica” avresti voluto essere oltre a quella che ti appartiene?
«Poiché la definizione della mia identità culturale e pubblica è un costrutta della mia soggettività e da quella degli altri, ritengo che sia inutile indulgere in fantasie di questo tipo».
Barbara Probst è nata nel 1964 a Monaco, in Germania, e ha studiato all’Akademie der Bildenden Künste, Monaco e alla Kunstakademie Düsseldorf. Ha esposto ampiamente in Europa e negli Stati Uniti. Il suo lavoro è stato esposto nella mostra New Photography al Museum of Modern Art, New York, nel 2006. Ha tenuto mostre personali al CentrePasquArt, Biel, Svizzera; Domaine de Kerguehennec, Bignan, Francia; Museo della fotografia contemporanea, Chicago; Museo Nazionale della Fotografia, Copenaghen; Galleria Stills Edimburgo; Museo Madison di Arte Contemporanea, Madison, Wisconsin; Oldenburger Kunstverein, Germania; Le Bal, Parigi, il Rudolfinum di Praga, la Kunsthalle Nürnberg e la Triennale di Milano.
Il suo lavoro è rappresentato in numerose collezioni pubbliche, tra cui Museo Folkwang, Essen; Il Museo delle Belle Arti, Houston; Museo d’arte della contea di Los Angeles; Städtische Galerie im Lenbachhaus, Monaco di Baviera; Museo d’Arte Moderna, New York; Whitney Museo d’Arte Americana, New York; Galleria Nazionale del Canada, Ottawa; Centro Georges Pompidou, Parigi; e Museo d’Arte Moderna di San Francisco.
Libri sul suo lavoro sono stati pubblicati da Steidl, Hatje Cantz, Hartmann Books e dalle edizioni Xavier Barral.
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