Il Photo Vogue Festival, il primo conscious fashion photography festival che si dedica all’incontro tra etica ed estetica, torna in presenza (ma anche online) a Milano, per la sua sesta edizione, dal 18 al 22 novembre 2021. Tra mostre, talk e portfolio reviews, l’evento si diffonderà in tutta la città, coinvolgendo anche alcune delle gallerie più importanti. Per quanto riguarda il digitale, un aspetto che rimarrà importante anche dopo la pandemia, sarà possibile seguire tutti gli aggiornamenti e i contenuti collegandosi alla piattaforma dedicata.
Il tema di quest’anno sarà “Reframing History”, un approfondimento su progetti che guardano alla fotografia da un punto di vista alternativo, ripensando a figure cardine della storia finora lasciate in ombra oppure mettendo in discussione racconti stereotipati. Saranno 35 gli artisti selezionati fra i 2500 fotografi che hanno risposto alla open call lanciata da Vogue.
Abbiamo incontrato Alessia Glaviano, la direttrice di Photo Vogue Festival, che porta avanti questo progetto da 10 anni e che, insieme alle curatrici Francesca Marani e Chiara Bardelli Nonino, lavora per portare a Milano una manifestazione in grado di raccontare alcuni dei tempi più importanti della nostra epoca, attraverso il linguaggio della fotografia.
Il Photo Vogue Festival è arrivato alla sesta edizione. Quali sono le principali novità di quest’anno?
«Rispetto all’anno scorso finalmente torniamo in presenza. Un traguardo davvero incredibile rispetto ai due anni passati e questo mi rende davvero felice. Manterremo anche la presenza sul digitale, così da riuscire ad arrivare a molte più persone. Il pubblico che ci segue è davvero internazionale: solo l’anno scorso si sono collegate persone da oltre 80 paesi nel mondo. Un’altra grande novità è che Photo Vogue – la piattaforma che abbiamo ideato dieci anni fa – diventerà global. Ci saranno tantissime novità negli anni a seguire su questo fronte, ed è un progetto in cui crediamo molto. Sono particolarmente entusiasta dei feedback di tutti i giurati ma anche dei materiali ricevuti».
Oltre al respiro internazionale della vostra iniziativa, che cosa lega questo Festival alla città di Milano?
«In Italia – e questo non vale solo per il mondo della fotografia – ci sono due modi di porsi e di agire, uno che è aperto verso il mondo e l’altro che si parla addosso. C’è un’incomunicabilità palpabile. La missione del PVF è quella di portare ciò che succede nel mondo e arricchire la città di Milano con le voci degli altri. E questo può avvenire solo se ci si pone come comunità attiva e inclusiva».
Il tema dell’edizione 2021 è sintetizzato nel titolo Reframing History. Come è nata l’idea e cosa vedremo?
«Il tema di quest’anno è estremamente politico. Proprio in questi giorni infatti, con l’affossamento del DDL Zan è chiaro quanto siamo indietro dal punto di vista dei diritti più basilari. “Reframing History” è una esplorazione di progetti che intendono presentare uno sguardo alternativo, reinventando figure storiche trascurate o mettendo in discussione racconti stereotipati. Gli artisti coinvolti vengono davvero da tutto il mondo e questo mi rende ancora più fiera del lavoro fatto finora».
Fotografia e moda hanno da sempre condiviso un legame speciale. Che cosa racconta la fotografia di moda oggi?
«Esistono diversi livelli, da una parte c’è la fotografia “alta” di moda che da sempre ha raccontato la società al di là dei vestiti. Artisti che hanno scattato per Vogue ora espongono al MoMA infatti. L’immagine non è solo un’immagine commerciale ma è un’immagine artistica e si continuerà in questa direzione. La fotografia di moda è in continuo divenire e continua a essere lo specchio di ciò che sta succedendo nella nostra società, cambiando il panorama fotografico internazionale».
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