Abbiamo incontrato il fotografo Ulrich Lebeuf, già direttore artistico del festival fotografico di Tolosa, trovatosi in Sicilia ospite del Ragusa Foto Festival per presentare un lavoro intimamente connesso all’Italia. <<Ho passato vent’anni da fotogiornalista a inseguire e catturare ciò che è vero>> ha esordito l’autore, <<fino a che adesso, a cinquant’anni, mi sono reso conto che è più importante per me far nascere riflessioni e domande in chi guarda, più che dare risposte. È così che ho deciso di fare un libro su mia mamma>>.
Lebeuf ha proseguito con commozione raccontando che la madre Charlotte, nata in Francia da padre campano, fu lasciata dal padre nel pressi di Napoli da bambina: <<Alla fine delle vacanze, considerato giunto al termine il legame paterno, lasciò Charlotte in affido a una zia affettuosa e allo spaventoso burbero marito Torcile, bestia imprevedibile che andava su tutte le furie alla minima contrarietà e, quando aveva la mano troppo pesante, finiva per mandare la famiglia in farmacia a farsi medicare. Durante gli anni della giovinezza, marcati da queste violenze, dalla solitudine e dall’abbandono, l’universo di Charlotte si rabbuiò e tutte queste immagini andarono ad accumularsi nei recessi della memoria. Torcile (forse piuttosto “porcile” o “porcello” NDR) che nel linguaggio famigliare napoletano si potrebbe tradurre con “porco”, si ostinava nel dettar legge sul proprio mondo, proibendo alle donne di andare in bicicletta e continuando a inviare regolarmente la famiglia a rimarginare le ferite dal farmacista>>, scrive Jean-Paul Dubois nella prefazione al lavoro.
Dopo varie vicissitudini sarà Lebeuf ultraquarantenne, l’ultimo di quattro figli, a riportare la mamma a Napoli e a cominciare un progetto fotografico molto singolare, fatto più che di immagini, di frammenti di un discorso color carbone, in cui oggetti e dettagli vengono scandagliati, ingranditi, mutilati, rubati, mossi, sfuocati a formare un potente nebuloso insieme che riflette quel misto di detto e non detto presente in ogni nucleo familiare dove si formano le nostre prime relazioni. Ed è proprio all’insegna del tema “Relazioni” che si è aperto il periodo in cui Ragusa offre mostre, conferenze sotto il grande pino della rotonda e letture portfolio tra i corridoi del convento. Fautori dell’iniziativa sono stati gli organizzatori del Ragusa Foto Festival, una kermesse che mette insieme professionisti e dilettanti, visitatori locali e ospiti internazionali. “Anche quest’anno, come per le passate edizioni, le giornate inaugurali sono state occasione di confronto e di approfondimento sulle evoluzioni della fotografia contemporanea. Nonostante le enormi difficoltà e i disagi causati dall’incendio dell’aeroporto di Catania si riconferma sempre l’armonia vissuta negli anni e le nuove sinergie che allargano la nostra comunità>> ci ha detto Stefania Paxhia, ideatrice e direttrice del festival.
Le mostre, in tre sedi espositive ricavate dentro storici palazzi barocchi, continuano fino al 27 agosto e vedono protagonisti Davide Monteleone, Alessandra Calò, Mari Katayama, Francesco Zizola, Ruben Brulat, Lisa Sorgini, Federica Belli, Carlotta Vigo, Andrea Camiolo. Centro logistico del weekend inaugurale è l’Antico Convento dei Cappuccini. Il curatore e direttore artistico del festival è Claudio Composti che ha scelto il libro di Lebeuf, dicendosi orgoglioso di essere il primo a presentare l’opera in Italia, in un assolatissimo Sud, non dissimile da quello in cui ha origine la ricerca del coraggioso vulnerabile collega.
https://www.editionsdejuillet.com/en/products/spettri-di-famiglia
https://www.ragusafotofestival.com/
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