13 settembre 2024

Stitching Memories, a Napoli un progetto fotografico su memoria e potere

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Il progetto partecipativo di Cristina Cusani e Dafne Salis invita a esplorare le strutture di potere nascoste nelle memorie famigliari, attraverso un processo di riflessione collettiva, tra patriarcato e colonialismo

Stitching Memories cusani salis
C. ha portato una foto di sua nonna da giovane. Ha sempre avuto una visione di lei, attraverso i racconti di suo padre, come una donna anaffettiva, severa e cattiva. Poi mentre ragionava sugli effetti del patriarcato nella sua vita, ha capito che sua nonna era una ragazza degli anni 20 costretta a sposarsi e a fare dei figli anche se non avrebbe voluto e che quindi forse era semplicemente triste, frustrata e arrabbiata. Ha deciso per questo di metterle una coda di pesce e renderla libera di essere quello che desiderava

La memoria come un tessuto sul quale il tempo può allungarsi o restringersi, una superficie che si adatta alle asperità delle nostre esperienze passate e le ricopre o le mette in evidenza, trasformandole nelle immagini di un presente continuo. Così, da una stratificazione di ricordi da rielaborare, prende le mosse Stitching memories, progetto partecipativo di Cristina Cusani e Dafne Salis, che sarà presentato sabato, 14 settembre, a Napoli, negli spazi storici di Villa Pignatelli – Casa della Fotografia, nell’ambito del Napoli PHOTO Festival promosso dall’Associazione Flegrea PHOTO.

Obiettivo del progetto è esplorare come le strutture di potere si radichino nella memoria privata. Attraverso un processo partecipativo di autocoscienza, i partecipanti sono guidati a riflettere sul loro passato famigliare, luogo nel quale potrebbero aver agito forme di dominio anche non immediatamente riconoscibili, come patriarcato, classismo o colonialismo.

Stitching Memories cusani salis
Cristina Cusani e Dafne Salis at work, ph. Fulvio Ambrosio

Il progetto è scandito da due fasi: la prima è una raccolta corale di esperienze, la seconda è un’elaborazione e restituzione di quelle memorie. Durante i laboratori, ciascun partecipante porta una fotografia dal proprio archivio di famiglia, a rappresentare un ricordo che si vorrebbe trasformare. Attraverso il ricamo, le immagini vengono alterate, tanto fisicamente che simbolicamente, modificando la narrazione visiva del passato. Ogni filo cucito diventa un gesto di riparazione della memoria, un tentativo di suturare le ferite lasciate dalle dinamiche di potere. Il termine inglese “stitch” evoca sia il punto del ricamo sia il punto di sutura, rendendo evidente la doppia natura di questo processo: creativo e curativo al tempo stesso.

I partecipanti condividono le loro esperienze, descrivendo il significato delle loro trasformazioni fotografiche e confrontandosi con le storie degli altri. In questo scambio, emergono le tracce sottili delle forme egemoniche che attraversano la vita quotidiana. Ogni incontro viene documentato tramite registrazioni audio, mentre le fotografie ricamate vengono raccolte, concludendo così la fase di “rammendo” della memoria.

Stitching Memories cusani salis
Laboratorio Stitching Memories, Roma

La seconda fase prevede una restituzione pubblica: le opere e le storie raccolte verranno esposte in una mostra e pubblicate in un volume dedicato. Con l’obiettivo di coinvolgere almeno 100 persone, questa indagine vuole offre uno sguardo ampio e significativo su come le strutture del potere riescano a infiltrarsi anche nell’intimità delle nostre vite. Le fotografie e le narrazioni personali permetteranno al pubblico non solo di leggere queste esperienze ma anche di ricondurle a testimonianza di fenomeni più vasti.

«Questa ricerca sul patriarcato ci sembra importante in questo momento storico in cui la violenza ai danni delle donne si è fatta spazio nel discorso pubblico, per poter ragionare insieme su come sia il patriarcato che altre forme di potere in generale siano parte attiva delle nostre vite», spiegano Cusani e Salis. «In particolare, la fotografia familiare e d’archivio, intima e preziosa, ci permette di partire dalla storia personale di ognuno per poter arrivare ad una presa di coscienza. La narrazione personale ha il potenziale di mettere in luce la sistematicità di eventi se inserita all’interno di una narrazione collettiva», continuano le artiste, che anche nelle loro ricerche autonome hanno lavorato spesso sul dialogo tra identità e collettività, usando il linguaggio fotografico e superandone i confini: «La fotografia quindi, da sempre custode della memoria, in questo caso viene utilizzata per riscrivere la storia in un processo di rilettura e revisione critica degli eventi».

Stitching Memories cusani salis
Laboratorio Stitching Memories, Napoli

Durante l’incontro del 14 settembre a Villa Pignatelli, oltre a presentare il progetto, saranno anche raccolte le adesioni per i prossimi laboratori.

M. ha scelto una foto di quando era bambina, seduta su un gradino insieme a suo fratello, poco prima che morisse il loro padre. Il suo desiderio nel modificare questo ricordo era sentirsi in quel momento più vicina a suo fratello in vista di quello che sarebbe successo dopo, per questo ha deciso di strappare la fotografia e ricucirla eliminando lo spazio che li teneva separati. La morte del padre in un epoca in cui le donne non lavoravano, l’ha costretta a interrompere gli studi per diventare dattilografa, la sua famiglia ha subito una forte pressione sociale dovuta al cambiamento di status economico e al fatto che la madre, in quanto vedova, era completamente esclusa dalla vita sociale
D. ha scelto una foto scattata dal papà che la ritrae con la mamma e la sorella in un momento di vacanza. Nonostante la madre di D. fosse un giudice come il padre, a lei erano assegnati tutti i compiti domestici, da svolgere fuori dall’orario di lavoro, mentre il padre, tornato a casa, poteva riposarsi. D. ha disegnato la toga sulle spalle della madre in un contesto familiare, perchè a D. sarebbe piaciuto che il lavoro della madre fosse riconosciuto dentro casa, prevedendo quindi una distribuzione dei compiti domestici più equa
E. ha scelto una foto che rappresenta un momento felice. La barca su cui è seduta era un sogno per lei e suo marito, ma su quella barca ha avuto un incidente in cui si è fratturata un braccio. Quella frattura è stata la prima di una serie di malanni culminati con la malattia del marito, di cui entrambi portano i segni ancora adesso. Associando la barca all’inizio di una serie di disgrazie, ha deciso di cancellarla. Ma la barca, e il mare che la sostiene, rappresentano un luogo selvaggio e inesplorato. Nella possibilità di isolarsi dal mondo, E. ritrova anche la possibilità di uscire dai ruoli sociali in cui sulla terraferma si sente costretta
F. ha scelto una foto che ritrae il padre in atteggiamento trionfante nei confronti della madre che è completamente sottomessa a lui. Lei è raggomitolata sotto il piede di lui, che la sottomette come fosse una sua preda. F. ha scelto di cancellare la madre facendola diventare un sasso, così da sottrarla a questo rapporto non bilanciato
V. ha scelto una fotografia che la ritrae neonata nel marsupio con il papà. Erano gli anni ‘80 e non tanti padri erano disposti a prendersi cura dei neonati. V. si sente molto fortunata, se non fosse che dopo qualche anno suo padre ha deciso di avere un’altra famiglia, vedendo V. solo di tanto in tanto. Ha deciso di ricamare un disegno stilizzato di lei e dei suoi figli nello stesso atteggiamento col padre, perché da adulta, entrambi gli uomini con cui ha avuto figli non si sono presi cura dei loro bambini come il padre ha fatto con lei

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