09 novembre 2024

Tina Modotti e Mimmo Jodice: i grandi della fotografia in mostra da CAMERA a Torino

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Importanti appuntamenti nel tempio della fotografia torinese: ecco le chiavi di lettura per comprendere le mostre di Tina Modotti e di Mimmo Jodice da Camera

Tina Modotti, Mani di burattinaio, Messico, 1929, Archivi Cinemazero - Pordenone

Come una lente, la torinese CAMERA mostra straordinarie storie di personaggi fuori dal comune. Questa è la volta di Tina Modotti, all’anagrafe Assunta Adelaide Luigia Saltarini Modotti (1896-1942), una delle più note fotografe italiane del XX secolo. Nata ad Udine da una famiglia operaia, è terza di sei fratelli. Suo padre è un meccanico, suo zio è un fotografo e la madre è una cucitrice. La famiglia emigra per necessità, trasferendosi prima in Austria e poi negli Stati Uniti. La mostra da CAMERA mappa tutta l’opera di Tina Modotti, valorizzando non solo il suo successo come fotografa ma anche il suo esordio come attrice e modella.

Anonimo, Tina Modotti a Hollywood, 1920-1921, Archivi Cinemazero – Pordenone

Nonostante nei primi anni sia costretta a lavorare come operaia in una fabbrica tessile, grazie al suo innato fascino e alla sua poderosa energia, è ben presto acclamata nei teatri di Little Italy, esordendo nel 1920 anche ad Hollywood. Qui interpreta il ruolo di una giovane ragazza messicana nel melodramma The Tiger’s Coat (1920), diretto da Roy Clements. Tratto da un romanzo di Elizabeth De Jeans, il film riflette le problematiche razziali del tempo, negli anni delle grandi emigrazioni in cui anche gli italiani, in America, sono vittime di pregiudizi. Tina Modotti, insieme alla cantante Lina Cavalieri, è l’unica attrice italiana ad interpretare un ruolo nel cinema muto americano. Molteplici fotografie scattate da Edward Weston e altri fotografi anonimi ritraggono Tina Modotti in posa, mostrando una donna libera e padrona di sé stessa, capace di esprimersi innanzitutto attraverso il proprio corpo.

Tina Modotti, Calle, Messico, 1924 circa, Archivi Cinemazero – Pordenone

Dopo la morte del primo marito poeta e pittore Roubaix De L’abrie Richey, detto Robo, inizia il grande capitolo messicano della vita di Tina. Diventa compagna e assistente del fotografo Edward Weston ed impara ad usare la macchina fotografica. Dapprima si esercita a fotografare architetture e nature morte. Alcune delle sue foto artistiche più belle appartengono a questo periodo, come Pieghe di tessuto (1924), Calle (1924), Senza titolo (carta stagnola accartocciata) (1926). Sono numerosi i ritratti realizzati su commissione, prodotti in Messico dal 1924 al 1929. Nel 1926 Tina Modotti, Edward e Brett Weston sono incaricati dall’antropologa, scrittrice e archeologa Anita Brenner di documentare gli oggetti folklorici di alcune regioni messicane. Il libro Idol Behind Altars. The Story of the Mexican Spirit, esce nel 1929 e ha circa 70 scatti di Tina. Le sue immagini documentano sombreros, donne che trasportano l’acqua, enormi ceste in vimini e molto altro. Ad un certo punto la sua attenzione si focalizza su burattini e burattinai, piñatas, ventriloqui e processioni con pupazzi di cartapesta. Questi fantocci diventano per Tina Modotti un modello archetipico che simboleggia la critica contro il potere.

Tina Modotti, Donna di Tehuantepec, Messico, 1929, Archivi Cinemazero – Pordenone

Tina Modotti vive nel periodo in cui i muralisti Siquieros, Orozco e Riviera utilizzano i murales come strumento di comunicazione sociale e politica. Lei stessa documenta il Murales di José Clemente Orozco alla Escuela Nacional Preparatoria (1928), l’Affresco di Diego Rivera alla Secretarìa de Educaciòn Pùblica (1925) e altri murales. Le sue foto delle opere sono anche vendute come cartoline e scatti singoli, prendendo parte alla divulgazione della corrente artistica e dei valori politici associati tramite riviste e pubblicazioni anche internazionali.

Dopo l’assassinio nel 1929 del suo amante Julio Antonio Mella, militante del partito comunista cubano, di cui ci lascia un meraviglioso ritratto, intraprende un viaggio in solitaria. Tina Modotti si dedica ad una nuova estetica femminista caratterizzata da corpi, volti e sguardi di donne, madri e bambini ritratti nella loro più completa umanità. La sua fotografia non si ferma qui e dimostrando una grande maternità sociale documenta le condizioni sociali delle classi meno abbienti. Dai suoi scatti emergono il lavoro e la fatica e la sua fotografia diventa uno strumento di denuncia. Tina è sempre più influente, le sue immagini escono su Mexican Folkways, El Universal Ilustrado, El Machete, Labor Defender, New Masses, In Transition, International Literature, L’Art Vivant, Creative Arts, Internationalnij Majak e molti altri giornali.

La maggior parte della produzione fotografica di Tina è concentrata in Messico ed è proprio lì che nel 1929 viene organizzata la sua prima grande mostra personale, ricostruita oggi nelle sale di CAMERA attraverso le numerose fotografie. Il progetto del Centro Italiano per la Fotografia, a cura di Riccardo Costantini, è capace di rendere l’idea della complessità e vastità di questa donna senza precedenti.

La mostra Tina Modotti. L’opera è accompagnata da un ricco catalogo edito da Dario Cimorelli Editore.

Mimmo Jodice. Oasi

Contemporaneamente nella Project Room trova spazio Mimmo Jodice. Oasi, la personale del fotografo italiano, a cura di Walter Gudagnini con la collaborazione di Barbara Bergaglio e della Fondazione Zegna. L’esposizione mostra 40 immagini prodotte dal maestro assoluto della fotografia italiana per la Fondazione Zegna, tra il 2007 e 2008. Alcune fotografie costituiscono una rarità nella produzione di Mimmo Jodice (Napoli, 1934) che, conosciuto per i suoi spettacolari paesaggi mediterranei, è chiamato a lavorare in un luogo innevato.

Mimmo Jodice, Oasi Zegna, 2008, Fondazione Ermenegildo Zegna

Per l’occasione si concentra su tre luoghi chiave: lo stabilimento del Lanificio Ermenegildo Zegna, la villa del fondatore dell’impresa e la grande Oasi naturalistica. I dettagli dei macchinari industriali si alternano con gli ampi spazi naturali del luogo in un gioco di luce e forme in cui i paesaggi diventano visioni metafisiche sospese nel tempo e nello spazio.

Mimmo Jodice, Lanificio Ermenegildo Zegna, esterni, 2008, Fondazione Ermenegildo Zegna

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