Letizia Battaglia, 1978, Palermo
Letizia Battaglia è sicuramente una delle fotografe italiane più influenti nel panorama nazionale e internazionale. Nel tempo, il suo lavoro ha indagato e approfondito la dolorosa tematica della mafia, delineando anche un’immagine concreta del contesto sociale in particolari momenti della storia d’Italia. Nata a Palermo nel 1935, Battaglia ha unito il suo amore per la sua città con quello per le arti visive, fondando e guidando il Centro internazionale di fotografia che ospita mostre di grande valore. Ma è molto legata anche a Napoli, luogo dove ha vissuto da bambina, durante la Seconda Guerra Mondiale. E dove Letizia Battaglia è tornata oggi, in occasione della mostra a Magazzini Fotografici, incantevole spazio del centro storico di Napoli, diretto dalla fotografa Yvonne de Rosa. In esposizione una selezione ragionata del lavoro dal taglio più storico e giornalistico di Battaglia.
Le serie di scatti raccontano i delitti di mafia, i personaggi della criminalità e gli arresti della Palermo degli anni ’70, sul filo di una elegante estetica in bianco e nero, unita alla forza e alla maestria compositiva che caratterizza il suo lavoro. In mostra anche alcuni capricci compositivi in cui si sovrappongono nudi femminili e decessi, immagini forti in una fusione tra bellezza e crudeltà .
Battaglia, che ai Magazzini ha anche curato un workshop di due giorni, il 14 e 15 dicembre, in collaborazione con Roberto Timperi, ha risposto con grande apertura ed estroversione ad alcune nostre domande. Lasciandosi andare a dichiarazioni sulla sua visione del mondo e dell’immagine contemporanea. Occhi che sono un patrimonio di memoria, di lotta e di speranza per questo Paese.
Nelle sue fotografie c’è un dolore ricorrente, qual è il suo rapporto con esso? Pensa che da quest’ultimo possa uscire fuori la bellezza?
«Non credo che il dolore c’entri con la bellezza, il dolore è il dolore mentre la bellezza è la bellezza. Certo, negli scatti che faccio, ho sempre cercato di rientrare nei canoni della composizione dell’immagine anche quando si trattava di immortalare un arresto o un “morto ammazzato”. Ma in quei momenti così feroci e concitati non sempre era possibile pensare all’estetica».
Cos’è quindi per lei il bello?
«Il bello lo trovo in tante cose della vita, infatti non ho lavorato solo con foto che raccontano la mafia ma ho sperimentato forme d’immagini molto diverse tra loro, dal documento fotografico all’immagine creativa. Una forma molto vera di bellezza sta nel nudo femminile, credo che sia l’estetica di bellezza più sincera che possa esistere».
Qual è il suo rapporto con l’arte? Cosa ha influito dal punto di vista estetico sul suo lavoro?
«Ho iniziato a fotografare senza aver intrapreso particolari percorsi di studio, ero comunque molto curiosa, visitavo i musei e mi sentivo attratta dall’arte. Ho apprezzato tanto l’arte del Cinquecento, dopodiché il primo modello estetico nel campo della fotografia è stata Diane Arbus, ma in generale ho apprezzato tutta la fotografia americana di quegli anni. Fotografare per me è sempre stato rivelare la bellezza».
La mostra di Letizia Battaglia ai Magazzini Fotografici di Napoli sarà visitabile fino all’8 marzo 2020.
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