Foto/Industria, la Bienanle di fotografia sullâindustria e sul lavoro si è aperta sotto gli auspici del neoeletto sindaco Matteo Lepore che vede nella collaborazione del MAST con i musei del territorio un esempio vincente di sinergia e una strategia socio-culturale che segna la via per un futuro contraddistinto dal âmodello Bolognaâ: viene sottolineata la collaborazione tra pubblico e privato, tra cittadini e industria che sta producendo esempi virtuosi sempre piĂš numerosi. Altrettanto positivo è il messaggio del rettore Francesco Ubertini, che ha messo a disposizione la Collezione di Zoologia del Sistema museale di Ateneo per una delle mostre.
Il MAST ha ancora una volta fatto centro per la qualitĂ dei fotografi proposti, per lâeleganza degli allestimenti, per la cura nei confronti dellâaccoglienza e della mediazione culturale: nei primi tre giorni di apertura al pubblico erano presenti il curatore Francesco Zanot e gli artisti e, di seguito, per tutta la durata della mostra, saranno presenti gli studenti di Didattica e Comunicazione dellâAccademia di Belle Arti di Bologna.
Il tema della mostra è FOOD, lâindustria alimentare, scrive il curatore nellâintroduzione. il catalogo curato e scritto da Zanot è accompagnato anche dai brillanti interventi e dalle ricette dello scrittore e chef Tommaso Melilli. Nellâintroduzione il curatore enumera i vari tipi di prospettive con cui si può affontare il tema del cibo a partire dal rapporto arte/fotografia e cibo. La questione piĂš spinosa che viene posta allâinizio è legata alla scelta individuale sul cosa mangiare: magari prodotti di terre vicine, scegliendo di appoggiare le aziende del luogo e di influire di meno sulle emissioni di gas serra. Ă un problema geopolitico spiega Zanot. Penso che sia senzâaltro vero, ma penso che sarebbe stato altrettanto importante sottolineare maggiormente che la responsabilitĂ geopolitica sia in larga misura dovuta alle politiche nazionali e territoriali e ad un modello economico di crescita esponenziale ed inarrestabile: le scelte coraggiose non si misurano solo in termini di comunicazione e diffusione di una consapevolezza civile sul tema dellâalimentazione, ma anche sulla capacitĂ di proporre politiche di vera sostenibilitĂ e una visione attiva per un futuro ecologico.
Le sfacettature del tema del âciboâ vengono analizzate dalla ricerca di ciascuno degli artisti provenienti da tutto il mondo e di varie generazioni. Molto interessante il lavoro del belga Mishka Henner (vive tra Francia e Inghilterra, 1976), esposto nella motra tenuta a Palazzo Zambeccari-Spazio Carbonesi, che preleva le immagini dalla rete. Con Feedlots processa centinaia di immagini di Google Earth scegliendole tra i 15mila allevamenti intensivi di bovini degli Stat Uniti, mostrandone da una parte la mastodontica estensione e dallâaltra le conseguenze: come il lago di liquami e composti chimici dal colore rossastro che crea unâimmagine dâimpatto e raccappricciante al tempo stesso, tanto da essere scelta come immagine-guida dellâopera del fotografo.
Oltre a questo lavoro câerano i video di Scope: prelevati da YouTube, mostrano animali e bambini che ingoiano piccole telecamere e il percorso dellâintruso nellâapparato digerente fino alla defecazione. The Fertile Image è costituito da immagini mostruose e surreali che nascono dalla Rete Generativa Avversaria (GAN), che sfrutta i dati presenti sul database ImageNet. A partire da due immagini crea un sistema di 300 immagini.
Il display della mostra di Lorenzo Vitturi (Italia, PerĂš, 1980) a Palazzo Pepoli-Campogrande-Pinacoteca Nazionale è spettacolare: piĂš griglie lignee sâinnalzano fino allo sfondato barocco del soffitto e mostrano in tutto il loro abbacinante e vivace colore le fotografie degli scorci dello sterminato mercato di Lagos, il mercato di Balogun, che ha inglobato progressivamente il grattacielo del Financial Trust Haouse: folla, oggetti e cibi (assemblati dallâartista) si alternano a foto monocromatiche dove oggetti da ufficio sono ricoperti di polvere e sabbia del deserto.
Una prospettiva che mostra la parte virtuosa delle imprese di allevamento intensivo, attraverso lâattenzione e il rispetto di protocolli di igiene e sicurezza è quella data dallâolandese Henk Wildschut (1967) alla Fondazione del Monte, che nella sua presentazione del suo lavoro sottolineava ancora una volta la responsabilitĂ dellâindividuo che non sa rinunciare alla carne.
La fotografia storica viene recuperata con le preziose mostre di Ando Gilardi (1921) al MAST, di Herbert List (1903) alla Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna e di Hans Finsler (1891) in San Giorgio in Poggiale. Il primo racconta il mondo del cibo dalla parte dei lavoratori e delle lavoratrici, nei campi, nelle fabbriche, nelle mense con un occhio oggettivo e partecipato. Fa anche un lavoro di ricognizione dellâimmagine, fondando a Roma nel 1959 la Fototeca Storica Nazionale. Lâarchivio accoglie 500mila immagini che vanno dai santini alla pubblicitĂ . Nella mostra vi sono alcune di quelle immagini riguardanti il cibo. List nel 1951, allâinizio della sua avventura con la Magnum, approda a Favignana e fotografa, con foto pastose e fortemente contrastate, tutto il processo delle tonnare, dalla macabra mattanza dei tonni alla loro riduzione in scatoletta appartenenete allo Stabilimento Florio del luogo.
Infine Finsler, famoso fotografo industriale, rappresenta in primi piani degni della contemporanea Nuova OggettivitĂ tedesca, i cioccolatini e i dolci di marzapane della fabbrica dolciaria tedesca Most. Quasi contemporanei, Bernard Plossu (Francia, 1945) e Jan Groover (USA, 1943) rappresentano due visioni opposte e complementari: lâuno â sempre alla Cassa di Risparmio â fotografa il mondo, le sue strade, le fabbriche, i luoghi di ritrovo come bar e ristoranti in fotografie dislocate in un arco di spazio-tempo vastissimo, la Groover, al MAMBO, invece è interprete costante di una fotografia intimista, rivolta agli oggetti della cucina rappresentati in silenziosi e surreali primi piani.
Il giapponese Takashi Homma (1962) al Padiglione dellâEsprit Nouveau presenta il progetto âMâ, i negozi del McDonaldâs nella loro banale uniformitĂ in giro per il mondo e il progetto Trails: tracce di sangue sulla neve appartenenti ai cervi uccisi nella montagna di Hokkaido. Mentre Maurizio Montagna (Italia, 1964) alla Collezione di Zoologia, presenta il progetto Fisheye con cui indaga il territorio della Valsesia e i suoi cambiamenti con foto fatte anche in mezzo al fiume a pelo dellâacqua e lightbox con le esche per i pesci del fiume.
Infine, di natura antropologica è il lavoro della palestinese Vivien Sansour, al Palazzo Boncompagni, fondatrice del progetto âPalestine Heirloom Seed Libraryâ, dedicato al recupero e alla conservazione dei semi anche in via dâestinzione nel territorio palestinese attraverso diversi tipi di intenvento anche performativi e relazionali. In mostra presenta un installazione complessa dove simula una grande cucina con la tavola apparecchiata, scansie per la conservazione del cibo, fotografie, video e scrittura.
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