«Non ho mai avuto la certezza di una casa. Ci sono luoghi in cui amo stare, ai quali mi sento connesso, luoghi dove esistere e perdermi è puro piacere». New York, Varanasi, Napoli, questi i luoghi che il fotografo israeliano Michael Ackerman porta in mostra alla Spot Home gallery, con il titolo “Homecoming”, fino al 30 giugno 2023.
Spot nasce in un momento di incertezza e sospensione, nel 2021, nel cuore di Napoli in via Toledo. Uno spazio, ex negozio di fotografia che resta in famiglia, con Cristina Ferraiuolo, che lo trasforma in home gallery, con l’obiettivo di farlo diventare «Riflettore/spotlight, punto luce sulla ricerca fotografica a Napoli; luogo fisico e mentale di promozione e diffusione del linguaggio visivo come strumento di ricerca identitaria e riflessione sociale».
Napoli è da sempre stata la casa di tutti gli artisti che l’hanno abitata, vissuta ed amata. Nato a Tel Aviv, Ackerman emigra giovanissimo a New York, che diventa il luogo dove cresce la sua personalità da outsider e inizia a fotografare o come dice lui «A entrare in contatto con un’umanità spesso fragile e vulnerabile». Il tempo, per lui, è quell’elemento fondamentale, sempre presente che stratifica i luoghi, trasformandoli.
Ackerman si muove negli anni come un alieno alla ricerca dell’invisibile, mosso dal bisogno di guardare al di là della superficie. In mostra sono presenti alcuni primi lavori degli anni ‘90 su New York, in cui l’occhio esterno tenta di catturare una città da sempre inafferrabile e scatti più recenti, maturi, della stessa città ma vista con tempi diversi, prevalgono infatti le inquadrature in cui viene dato spazio, attraverso le espressioni del corpo, alle storie di vita dei soggetti fotoritratti. È un perdurare di sguardi che esplicita la sua evoluzione emotiva e materica in un angolo, intimo come una camera oscura, della sala in cui sono state posizionate sul muro diverse prove di stampa delle opere esposte.
Il secondo luogo è Varanasi, il primo viaggio in solitaria del fotografo a 25 anni, la città sacra per gli induisti. Qui Ackerman aveva realizzato negli anni ‘90 il primo grande progetto “End Time City”, pubblicato da Robert Delpire, colpito dall’evidente talento espressivo del giovane fotografo che nel 1998 ha vinto il prestigioso Infinity Award for Young Photography di New York. Dopo 20 anni Ackerman è tornato nel 2021 nella città che l’aveva eletto come una delle personalità più interessanti della fotografia contemporanea per lavorare a una nuova edizione del progetto, pubblicato poi da Atelier EXB.
In questi lavori spicca la forte energia sprigionata dagli animali, che incarnano lo spirito sacro del luogo, con la loro presenza simbolica in quelli che sono anche i temi cardine della cultura indù. Con il suo inconfondibile stile, Ackerman riesce a cogliere quei frammenti di vita reale nel passaggio tra i fili elettrici di una scimmia, in controluce, con le navi e l’alba in sottofondo o i frame di un breve video girato sul fiume Gange per ridare vita, con un’esposizione composita, al frenetico batter d’ali di uno stormo di gabbiani siberiani.
Una dolce illusione quella di entrare in una scena, guardandola nel mirino e poi premere il pulsante di scatto per appartenere a quel momento, quella realtà in cui ci si è riconosciuti, in profondità. Pare che proprio in quei luoghi popolati da una magica atmosfera Ackerman sia entrato in contatto con qualcuno che gli aveva consigliato, se non profetizzato, il soggiorno in quella che è la terza tappa del viaggio in mostra, Napoli. Innamorato della città che lo ospita e in cui torna da diversi anni è per lui un luogo familiare, che conserva la sua veridicità in tutte le sue stratificazioni umane.
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