Più sintesi che dialogo, un intreccio al di là delle forme e delle materiale, per scoprire una dimensione unica e condivisa, dell’uno, la natura, e dell’altro, il corpo umano. Il 20 dicembre, presso lo Spazio Musa, a Torino, aprirà la mostra del giovane fotografo Federico Masini. Curata da Marco Albeltaro e visitabile fino al 12 gennaio 2023, l’esposizione presenta una selezione dei lavori più recenti di Masini, che è nato nel 1988 a Moncalieri, in provincia di Torino e che, dopo gli studi classici, si è iscritto alla facoltà di medicina e chirurgia.
Ed è anche da questa particolare attitudine di studio verso gli aspetti della fisicità al di là delle tensioni erotiche ma come elemento di sguardo, che si dipana la ricerca dell’artista. I suoi scatti documentari e di fashion-lifestyle gli valgono la collaborazione con numerose agenzie ed enti pubblici e istituzionali, con i quali ha avuto modo di viaggiare per l’Italia e per il mondo. Le sue fotografie sono state pubblicate, tra le altre testate giornalistiche italiane e internazionali, su Elle, Monocle, Vice, Collater.al, Corriere della Sera, La Repubblica, La Stampa. L’avvento della pandemia da Covid-19 pone un freno a spostamenti e a collaborazioni: inizia così un lavoro personale su archivi e progetti ex-novo, nei quali indaga la relazione tra uomo e natura, la morte e l’esperienza estatica nella nightlife. Vincitore del premio Imagenation al Liquida Photofestival 2022 e nella selezione del Critics’ Choice 2022 competition di LensCulture, il suo lavoro è stato esposto, tra le varie, all’East London Photography Festival 2018, al Liquida Photo Festival 2022, ad Imagenation Milan 2022, presso PHOS nel 2017 e nel 2022, presso ArtGallery37 nel 2017.
«Quando ci si approccia a immagini di nudo si finisce per credere di avere sempre a che fare con una ricerca estetica sull’erotismo», spiega Albeltaro. «Nel lavoro di Federico Masini non c’è traccia di erotismo, c’è piuttosto una ricerca di dialogo riguardo la dimensione dell’umano, di ciò che si palesa sul palcoscenico dell’esistenza e che deve trovare il proprio posto, come all’interno di una scacchiera che va costruendosi di pezzo in pezzo, in cui umano e naturale si intrecciano e finiscono per fondersi in un’unica narrazione», continua il curatore, introducendo le coordinate di un nuovo mondo post umano, scandito da istantanee aperte all’interpretazione.«Si tratta di un umano del giorno dopo, di quando le cose sono già accadute e l’irrimediabile (sia esso positivo o negativo) si è già consumato. Le immagini si situano a metà strada fra l’onirico e il drammatico, fra qualcosa di utopico e qualcos’altro di distopico: c’è, insomma, la capacità di sintesi che il fotografo mette in scena fermando il proprio sguardo laddove inizia quello dell’osservatore. In queste immagini che possiamo definire come non risolte sta tutto l’intento di sollecitare una riflessione in grado di muoversi da un interrogativo: qual è il mio ruolo in tutto ciò? È questa la domanda che chi guarda le fotografie di Masini finisce per porsi».
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