Lo scorso mercoledì, a Torino, è stato presentato al pubblico il ricco programma di mostre ed eventi per l’autunno 2023 di Camera – Centro Italiano per la Fotografia. Nel già abbondante panorama di proposte artistiche del novembre torinese, sono da segnalare qui alcune perle che è bene non farsi scappare.
Per prima cosa, fino al prossimo febbraio, è in programma da Camera la mostra André Kertész. L’opera 1912-1982. La mostra occupa le principali sale espositive del museo e si presenta come una carrellata antologica di più di 150 scatti, esposti in ordine cronologico, che testimoniano e rendono fruibile al pubblico il percorso artistico di uno dei maestri più intriganti e poetici della fotografia del Novecento. La mostra è curata da Matthieu Rivallin e Walter Guadagnini ed è realizzata con la collaborazione della Médiathèque du patrimoine et de la photographie di Parigi, istituzione legata all’Istituto del Ministero della Cultura francese dove sono conservati gli archivi e i negativi dell’intera produzione fotografica di André Kertész.
Kertész nacque in Ungheria, a Budapest, nel 1984. Visse a lungo a Parigi e poi si trasferì a New York, dove morì nel 1985. Nel corso della sua vita personale ed artistica entrò in contatto con i maggiori esponenti delle arti visive e non della sua epoca. Scattò immagini memorabili, che hanno influenzato il modo di vedere di molti suoi contemporanei e ancora operano nel nostro immaginario visivo contemporaneo.
La mostra da sola vale la visita da Camera. È ampia e completa, e permette una visione d’insieme della ricerca fotografica di Kertész nella sua complessità e varietà di temi e declinazioni. Dal percorso espositivo, costellato da immagini quasi sempre in bianco e nero, e sempre tese alla ricerca nella realtà quotidiana di armonie segrete da portare alla luce, emerge un modo di vedere e vivere il mondo e le cose profondamente poetico, che non può non conquistare lo spettatore.
Nelle immagini di Kertész forme e ombre di oggetti e personaggi di tutti i giorni subiscono una sorta di sottile, ma decisiva trasformazione. Tendono come a deviare dal loro abituale significato semantico, per frantumarsi e ridursi ai propri elementi costitutivi, per poi infine ricomporsi nuovamente in una visione unitaria e armonica, cui l’autore regala, in aggiunta, una particolare grazia.
Ma il lavoro di Kertész è difficile da definire e tradurre in parole, forse proprio per la sua apparente semplicità. C’è l’attenzione all’ambiente cittadino e metropolitano, con i suoi paesaggi e abitanti; c’è il tono surrealista con cui si compongono le figure e lo sguardo su di esse; ci sono mille altre cose ancora. Sempre, però, le immagini di Kertész creano forme e restituiscono visioni inattese, e lo fanno con pochissimi tratti ed elementi. Così una forchetta appoggiata ad un piatto scolpisce con grazia forme geometriche (The fork, 1928); una nuvoletta, simile a un batuffolo di cotone, si staglia di contro a un grattacielo newyorkese con sorridente malinconia (Nuvola smarrita, 1937); e altrove la stessa immagine di Kertész con la moglie, tagliata in diversi modi secondo diverse possibili inquadrature, varia come una melodia e scandisce sentimenti diversi, via via più profondi (Io ed Elizabeth, 1931).
Ci sono poi i celebri corpi deformati come da specchi di luna park, che restituiscono lo spaesamento del mondo moderno e la conseguente alterata percezione del corpo; ci sono visioni diverse di strade, personaggi e persone sempre colti in situazioni effimere, che però esprimono una involontaria armonia con l’ambiente non priva di una dolce ironia. E ci sono infine le polaroid degli anni ottanta, che, viene il sospetto, forse hanno ispirato più artisti contemporanei di quanto si pensi (un lavoro del 1982 fa venire in mente Tony Oursler).
Ma, oltre alla poesia di Kertész, la visita da Camera ha ancora altro da offrire al visitatore mai sazio di immagini. Una seconda mostra occupa la project room e porta il titolo Nuova Generazione. Sguardi contemporanei sugli Archivi Alinari. Qui sono presentati i lavori di quattro giovani artisti invitati a ispirarsi e fare i conti con i celebri Archivi Alinari.
E per finire, nella manica lunga è ospitata una mostra/percorso tattile dedicato agli ipovedenti, dove la storia della fotografia è narrata nelle sue tappe fondamentali attraverso un percorso, appunto, “visibile” anche con le mani. Questo progetto di accessibilità culturale Open Camera è realizzato grazie al contributo del PNRR.
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