E’ poco più di un anno che Aldo Ghirardello (Vicenza, 1963) focalizza la sua ricerca sull’immagine corporea così come lo stereotipo contemporaneo la impone. Riviste, cartellonistica, pubblicità, persino i “santini” elettorali ci chiamano ad un consumo facile, fuggevole, aproblematico del sembiante umano. Ma quanto questa semplicità comunicativa sia al contrario sofisticata è all’attenzione solo delle menti meno assopite e meno disponibili ad un processo di assuefazione percettiva, quindi problematica.
Tra queste è Ghirardello che muove da una figuratività banale quanto precisamente
Lavora a tempera su faesite per successive velature tendenti a negare l’alta definizione con cui inizialmente l’immagine si qualificava. Scelte cromatiche precise nutrono ogni singolo brano, in cui una sola tinta assume valore costruttivo ed unificante, a indirizzare il soggetto verso una monocromia azzurra, gialla, arancio, che strania la rappresentazione dai parametri naturalistici di originario riferimento. Nascono intensi monocromi, arancioni, gialli, azzurri, violetti, caratterizzati in superficie da una trama che si riferisce alla tappezzeria divenuta, alla luce del lungo operare di Ghirardello, la cifra stilistica dell’artista, ricorrente nelle sue opere sin dagli esordi.
francesca agostinelli
mostra visitata il 29 giugno 2003
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