E’ il 1943 quando Armando Pizzinato (Maniago – Pd, 1910 – Venezia 2004) sceglie di abbandonare la Capitale, dove si era trasferito qualche anno prima, per partecipare attivamente alla Resistenza fino al ’45. Sarà un’esperienza intensa, fortemente meditata, che influenzerà notevolmente anche la sua pittura. Da quel momento, infatti, l’artista identificherà la sua stessa concezione di Arte con l’impegno politico e sociale.
I soggetti degli anni romani –ritratti, paesaggi e nature morte– saranno così abbandonati, ma la lezione degli artisti con cui era all’epoca entrato in contatto -Cagli, Mafai e Capogrossi- non sarà certamente dimenticata. Lo stesso può dirsi per gli insegnamenti di Virgilio Guidi, suo maestro all’Accademia di belle arti di Venezia, nella quale lui stesso insegnerà a lungo nel dopoguerra.
Il suo precoce interesse verso un’arte realistica sarà così sempre più indirizzato al racconto delle condizioni di vita delle classi lavoratrici, sia rurali che urbane. Muratori sui ponteggi, contadini accanto ai trattori, operai intenti alla costruzione di un ponte. Il linguaggio inizialmente sarà di stampo neocubista, all’interno del quale si inseriranno, con buoni risultati, le dinamiche linee-forza futuriste. Anche l’uso del colore sarà sempre intenso, con notevoli effetti plastici. Sono questi gli anni della sua adesione al Fronte nuovo delle arti e al Realismo. In questi anni firma anche il suo celebre Primo Maggio, oggi al Museum of Modern Art di New York, perfetto esempio di quell’intensa passione politica che non sarebbe mai venuta meno. Come accadde a molti altri autori italiani del periodo, seguirono opere formalmente sempre più semplificate e “leggibili”, con l’adesione a un realismo didascalico, sintetizzabile in lavori come La fucilazione o Scaricatori di sale, entrambi esposti alla Biennale del ’52. Nello stesso periodo l’artista friulano si dedicò, con esiti interessanti, anche alla pittura murale, dove trovarono spazio, ancora una volta, scene di vita e di lavoro contadino e industriale.
Negli anni Sessanta e Settanta un nuovo sviluppo, con l’inizio del suo cosiddetto periodo “neonaturalistico”, dove la massima attenzione è data al rapporto con la natura e alla sua descrizione, espressa con intensi toni lirici, sempre però filtrati da un controllo razionale, per lui irrinunciabile. Le forme diventano sempre più nitide e astratte, semplici linee e curve, a tratteggiare il volo di un gabbiano o un boschetto di betulle.
Forse sono proprio queste le opere in cui emerge maggiormente la straordinaria libertà interiore di Pizzinato, cui finalmente viene dedicata un’ampia antologica ad un anno dalla scomparsa, nella quale i visitatori hanno la possibilità di vedere esposte anche numerose opere inedite.
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