Il Settecento per Venezia fu, contemporaneamente, il periodo del definitivo declino politico e quello dell’ultima grande stagione della pittura lagunare, oggi attentamente rivisitata grazie a quest’ampia rassegna. I curatori, Annalisa Delneri e Dario Succi, hanno scelto di suddividerla in quattro sezioni, grazie alle quali l’ampio filone del paesaggio è analizzato attraverso le opere sia degli artisti di maggior prestigio, sia degli autori minori.
Nelle prime due parti, intitolate Dal paesaggio fantastico al paesaggio eroico e La felice illusione, sono esposti molti di quei paesaggi arcadici e fantastici che tanto successo ebbero nel corso del XIII secolo. Accanto, infatti, alle celebri e nitide vedute veneziane realizzate, ad esempio, da Canaletto o Bellotto, ve ne sono di altre, fantasiose e romantiche, collegabili a quei paesaggi pastorali di origine romana che furono introdotti a Venezia dal fiorentino Francesco Zuccarelli (1702-1788). Una
In questa seconda sezione sono presenti anche le opere più fantasiose realizzate dal pittore e architetto Luca Carlevarijs (1663-1730), specializzatosi sul filone dei porti di mare.
Ma il principale paesaggista veneziano fu, sicuramente, Giovanni Antonio Canal, altrimenti detto Canaletto (1697-1768), le cui vedute documentarie offrono il nome alla terza sezione della mostra, Il paesaggio della ragione. Anche questo celebre artista agli inizi della sua lunga carriera fu autore di paesaggi di fantasia, ambientati – sull’esempio dei capricci del Ricci – tra fantasiose rovine classicheggianti. Presto però le abbandonò per dedicarsi a una resa del paesaggio realistica, caratterizzata da prospettive e “tagli” ad effetto e da una luminosità intensa, con forti accenni chiaroscurali. In Canaletto si ritrova, ancora una volta, quella particolare sensibilità, nei confronti della luce che caratterizzò sempre, nei secoli, la pittura veneziana. Le sue vedute – arricchite sempre da una moltitudine di minuziosi particolari – saranno apprezzate in tutta Europa e porteranno l’artista a trasferirsi, per quasi un decennio, a Londra.
Per tutti questi paesaggisti attenti alla resa perfetta delle architetture e dei luoghi ritratti furono fondamentali i nuovi strumenti ottici a loro disposizione, grazie ai quali poterono ottenere una precisione prospettica impensabile prima di quel momento.
Infine, Francesco Guardi (1712-1793), tra i protagonisti dell’ultima sezione della mostra, intitolata La contemplazione del tempo. L’artista reinterpretò le ambientazioni vivaci e fantasiose del Ricci attraverso un tratto pittorico spezzato e nervoso che, sfaldando i contorni degli oggetti o delle figure ritratti, dava vita ad atmosfere vibranti e impalpabili, dove ogni oggetto perdeva consistenza.
Ampio ed esaustivo anche il catalogo, nel quale sono riportati i risultati dei maggiori studi sulla pittura veneta settecentesca degli ultimi anni.
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