Pittura, scultura e fotografia. Mezzi e linguaggi differenti, tra loro anche contaminati, ma accomunati dalla lontananza dall’astrazione e dalla geometria. Una tendenza figurativa ad ampio raggio, che sfoca, sporca, deforma o stilizza le fattezze umane.
Nelle tele dipinte da Erik Lovko (Postumia, 1953), tutte di grandi dimensioni, il colore è intenso e vivo. All’interno di scenari illogici e spesso teatrali, sono inseriti diversi personaggi, che paiono o ferocemente disincantati o,
Dalle fattezze arcaiche ed essenziali sono, invece, le sculture di Paolo Figar (Gorizia, 1968). Dal legno – di rovere, larice, abete o ciliegio – emergono figure attonite, stordite, sofferenti. Oppure personaggi anonimi, appartenenti alla dimensione del quotidiano. Ma, in entrambi i casi, le forme sono stilizzate, larghe e possenti. L’intervento pittorico, quando è presente, non è mai troppo vivace, ma tende a uniformarsi alla severità della materia scolpita. In queste opere si possono rintracciare palesi richiami alle tendenze primitiviste, ampiamente sviluppate nel corso del Novecento. E, nelle opere più recenti, a questi richiami se ne affianca un ulteriore, legato allo stile di Ernst Barlach, esponente del primo espressionismo tedesco. Le opere di Figar sono lavori che non propongono soluzioni formali inedite, ma ne approfondiscono alcune già
Infine, la fotografia di Walter Criscuoli (Udine, 1958) che distorce le sembianze umane non mettendole a fuoco. Con questa tecnica l’artista ottiene un’accentuata deformazione, carica di tensione e drammaticità. Il non poter vedere con chiarezza ciò che l’autore ci pone davanti può infastidire o, all’opposto, coinvolgere. In quest’ultimo caso lo spettatore è costretto a immaginare, a sentire senza vedere ciò che l’opera gli comunica. Punto di riferimento per questo artista è Francis Bacon, la cui dichiarazione “… ho cercato di rendere l’immagine più vera, più precisa; e l’ho persa”, sembra adattarsi perfettamente anche alle sue opere.
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