Nata per ripercorrere l’avventura artistica e intellettuale di
Ettore Sottsass (Innsbruck, 1917 – Milano 2007), la mostra ospitata a Trieste, causa la sopraggiunta morte dell’architetto, si carica di particolare significato e diviene in qualche modo celebrativa dello stile e del carattere di un uomo e di una figura particolarissima, a cavallo tra arte e design, musica e letteratura.
Dopo le esposizioni di questi anni, la sfida per i curatori è stata quella di proporre oggetti, opere, foto che potessero raccontare emotivamente il suo approccio alla creatività. “
Una mostra piccola, ma molto emozionante”, questo si augurava Ettore Sottsass. Ed è stato così. Piccola perché le pur numerose opere rappresentano e sintetizzano la sterminata produzione dell’artista; emozionante perché forte è il peso della suggestione, come quando si è accolti dalla voce del maestro nelle varie sezioni.
Con un allestimento particolarmente raffinato (in cui ogni area tematica appare al visitatore come un’isola, uno spazio o una struttura contraddistinta da forma e colore differenti), nell’ex Pescheria sono proposte le tappe della sua ricerca artistica, etica ed esistenziale, fra razionalismo, arte concreta, spazialismo, cultura pop. Ne esce l’immagine di un artista internazionale capace di rivoluzionare l’idea stessa di disegno industriale, di creare e veicolare simboli, mentre la forma diventa contenuto e la bellezza si fa stupore.
Nel suo lavoro, il design si fa modo di discutere la vita, capacità di restituire agli oggetti uno spessore simbolico ed emotivo, perché “
la tecnologia è una delle metafore della vita”, come si vede nelle ceramiche
Rovine, a colori opachi, che segnano l’incontro fra la sacralità orientale e il materialismo occidentale. Proprio nelle ceramiche e nei vetri l’artista sembra privilegiare, più che l’oggetto, il godimento di chi lo possiede, in una prospettiva antropocentrica. Questo appare ancor più evidente nella progettazione di case, come la
Casa Wolf o la
Casa Olabuenaga: il gioco delle forme, dei contrasti di colore e dei rapporti di vuoto e pieno, di masse pesanti e strutture leggere risalta al massimo grado, come si può cogliere anche nei modellini in marmo policromo che affiancano i disegni.
È invece titolata
Metafore la serie di foto scattate nelle sue peregrinazioni, come la
Scala per entrare in una casa molto ricca, in cui si afferma fotografo di forme e comunicatore di un consumo alternativo a quello imposto dalla società della pubblicità.
Ma è soprattutto negli oggetti di arredo che la forza innovativa dell’ingegno di Sottsass si esprime: armadi con grosse basi, rivestiti in laminato
Print a righe, come segnali stradali o distributori di benzina. Nell’arredamento appare definita una nuova suggestione (est)etica che unisce funzionalità ed emozione: è il caso della libreria
Carlton, in cui l’alchimia di forma, colori, materiali crea una molteplicità di funzioni inimmaginabile, lasciando al possessore -vero centro del progetto- le mille possibilità di una infinita libertà d’uso.
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a quanti è stato detto che c'era una seconda sezione allestita al castello di miramare?
scandaloso.
una mostra disorganica, priva di un percorso storico, che ha messo in luce solo poche fasi della storia di sottsass.
la parte più emozionante e meno banale è stata quella fotografica...se si esclude ovviamente l'efficacia dell'allestimento...
per il resto, tanto vuoto ma proprio tanto vuoto...