Non si può negare che le opere di Paolo Borghi (Como, 1942) posseggano una certa naivetè, che si traduce in un eccesso di dettagli, con ridondanze barocche e leziosità. La sua poetica, volta a coniugare asimmetriche visioni surreali con la materia scultorea, talvolta cade nell’eccesso. Ma è indiscutibile che laddove lo scultore si discosta dal compulsivo inseguimento delle proprie immagini mentali per raggiungere una formalità più calibrata e meno artigianale, raggiunge degli esiti decisamente notevoli. La mostra, quasi completamente incentrata sulla produzione in terracotta, testimonia proprio una cesura, dovuta anche all’uso del materiale, rispetto ad una produzione generalmente imperniata sulla compressione di figure e luoghi in una crescita spasmodica di volumi. Il legame con la terra, con la gestualità della mano che forma e plasma, fatta non di sottrazione ma di aggiunta, avvicina lo scultore ad una primordialità atavica in cui il mito personale dei propri eroi e delle proprie immagini si coniuga con il mito storico-artistico delle grandi icone e dei grandi momenti della storia dell’arte. Come non sentire, infatti, nella figura avvolta da panneggi ventosi de La città nascosta (2006) l’incedere solenne della Nike di Samotracia? Come non percepire La danza di Matisse nei colori de La metrica di Saffo (2006)? Soffermandosi ad osservare
Ma non c’è solo questo: al passato Borghi aggiunge la cifra caratteristica della propria arte, il suo marchio formale e distintivo, quasi ad affermare la sua presenza all’interno della storia. Il Torso bleu, i cui seni sono sintetizzati da una logica primitiva, è troneggiato da una figura femminile elegantemente tinta di bianco, dal volto arcaico e rappresentativo non tanto di uno specifico volto quanto di un intero genere, il genere femminile del mondo mitico. In La metrica di Saffo i seni sono volumetricamente imponenti e reggono un corpo femminile che con grazia e perdita dei sensi rimane assorto in un’estasi di rapimento. Questa figura, se da un lato celebra la sensualità dei versi della poetessa dell’isola di Lesbo, dall’altro, rievocando la figura del Cristo in croce, ne ricorda la vita sofferta. Ma il momento più alto di questa produzione è senza dubbio la totemica Figure e fioritura (2003), una terracotta policroma elegante e sobria, caratterizzata da una base ad intrecci fascicolari dalle meravigliose coloriture accese, che si aprono su tre figure femminili. Imperative nella loro regalità antica.
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emanuela pezzetta
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