Categorie: friuli v. g.

fino al 25.XI.2008 | Primož Bizjak | Trieste, LipanjePuntin

di - 18 Novembre 2008
Negli ultimi anni abbiamo assistito nel campo della fotografia a un ricorso frequente a stampe di grande dimensioni, sia per la moda cui molti autori non sanno sottrarsi, con risultati non sempre visivamente incisivi, sia per la tendenza alla spettacolarizzazione, con l’effetto che in più di qualche caso è parso uno show della vanità large size (La Chapelle docet).
Nessuna di queste due ipotesi riguarda il lavoro di Primož Bizjak (Šempeter pri Gorici, 1976; vive a Venezia e Madrid), del quale colpiscono al primo sguardo in galleria la coppia di dittici di grande formato che mostrano un vecchio carcere madrileno. Sono scatti presi di notte con fotocamera a pellicola piana a bassa sensibilità e lunghe esposizioni (che, a seconda della luce ambientale, possono arrivare anche a qualche ora), successivamente digitalizzate. Caratterizzate da una dominante che oscilla tra il giallo e il rosso, ciascuna di queste opere – ma la modalità è ricorrente nel lavoro di Bizjak – nasce dall’accostamento di una doppia ripresa, il che comporta una leggera sfasatura del cono prospettico che è più evidente nei soggetti vicini; i bordi delle foto sono invece più scuri, a causa della perdita di luminosità degli obiettivi grandangolari che l’artista ha preferito non correggere.
Non è infatti la precisione rappresentativa topografica né tantomeno la ricerca del dettaglio iperealistico a esser ricercata dall’autore sloveno, quanto la suggestione di un luogo che si presenta nella sua metafisica imponenza notturna, in cui la presenza umana latita o scompare del tutto, sedotta da altre muse.

Di altra natura le foto scattate nei cantieri edili, sempre di notte (sin dai suoi esordi, Bizjak ha lavorato quasi esclusivamente durante l’oscurità), anche infiltrandosi di nascosto tra le recinzioni. Lavori come Quevedo o Calle Perez Galdoz mostrano dall’interno edifici sventrati, dei quali rimane solo la facciata bucherellata da finestre, colti sotto la flebile luce dell’illuminazione artificiale, come testimoniano le dominanti cromatiche verdi o gialle.
In particolare le lunghe esposizioni, se da un lato trasmettono l’idea di una fotografia diacronica che raccoglie e s’impregna della complessità visiva dell’ambiente, dall’altro raccontano un luogo in un momento di transizione, in cui lo stato di rovina coesiste con un progetto urbanistico di futuro. Le pars destruens e costruens sono sovrapposte, e trasmettono la sensazione, come scrive il curatore, di una “città-crisalide che sta per abbandonare il proprio involucro”.

Bizjak sceglie invece il piccolo formato per dei riusciti lightbox realizzati affiancando due scatti nelle stesse dimensioni del negativo (cioè, senza ingrandimento), caratterizzati da un’atmosfera di luminosità rarefatta e da un grado elevato di concentrazione visiva, che conferiscono un sapore di intimità che si oppone idealmente alla soluzione del supporto retroilluminato generalmente più chiassoso. Non resta che guardare, in silenzio.

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mostra visitata il 4 ottobre 2008


dal 4 ottobre al 25 novembre 2008
Primož Bizjak – Focus on the Invisible
a cura di Riccardo Caldura
LipanjePuntin Artecontemporanea
Via Diaz, 4 (centro cittadino) – 34121 Trieste
Orario: da martedì a venerdì ore 15.30-19.30; sabato ore 16.30-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 040308099; fax +39 040308287; info@lipuarte.it; www.lipanjepuntin.com

[exibart]

Visualizza commenti

  • Carissimo Daniele, qualche anno fà ho avuto modo di conoscere Primoz Bizjak a Venezia. Sinceramente non mi è parso questo grande genio che tu descrivi, anzi devo dire che mi ha dato tutt'altra impressione. Anche il suo lavoro non mi sembra chissachè. Bravi i galleristi che lo valorizzano! Approposito, quanto ti hanno dato i Signori della galleria per descrivere così bene quelle banali foto? E poi, non vorrai mica paragonare il "nessuno" Primoz a David Lachapelle! Ma dai!... Era meglio che guardavi in silenzio come tu stesso hai consigliato!

  • Caro Andy, per onestà nei confronti dei lettori sono costretto a risponderti a tono, anche se probabilmente è tempo sprecato vista l'attenzione con cui hai letto l'articolo. Comunque procediamo.

    1. Non ho paragonato Bizjak a La Chapelle ma ho spiegato l'uso di quest'ultimo del grande formato in funzione spettacolare tuot court, talvolta a discapito dei contenuti visivi.
    2. Primoz è un giovane artista serio ed una persona assolutamente piacevole (molto di più di te, mi sembra di intuire) e tra l'altro con un grande senso dell'umorismo. La sua mostra è di particolare interesse. Suppongo tu non l'abbia vista, altrimenti non ne parleresti così.
    3. Non ho mai ricevuto niente in vita mia da alcuna galleria, se non il "grazie" che si usa tra persone educate.
    4. Le due gallerie che hanno prodotto la mostra sono assolutamente di valore e nemmeno ci proverebbero a corrompere un giornalista. Per due motivi: per professionalità e poi perchè, al contrario di te, sanno benissimo che Exibart non è nè Arte nè F.A.!

    Permetti un'ultima osservazione: ogni tanto regalaci un congiuntivo, ti prego!

  • Caro D. Capra, il congiuntivo è un modo di diverse lingue, comprese l'italiano e le altre lingue romanze, la cui funzione basilare è quella di indicare un evento non sicuro, non obiettivo o non rilevante (wikipedia)... E'possibile che nella mia argomentazione non c'è ne sia stato bisogno...
    Andrea

  • intanto se vogliamo dirla bene è: non ce n'è sia stato...poi non capisco perchè invece di una sana discussione sui contenuti mi venite a fare le punte (..."punte agli str****"...) su qualche svista grammaticale. Mi sembrate i bravi bambini saputelli (non so se si dice saputelli - mi aspetto un'altra punta) della pubblicità "10+ Amadaori"...

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