Nello spazio centrale della mostra sono posti, uno di fronte all’altro, due dipinti che sintetizzano le trasformazioni del gusto avvenute nel corso del Settecento a Venezia: da un lato, la maestosa tela di
Marco Ricci raffigurante il
Grande paesaggio con fiume, lago e figure varie; dall’altro,
Il molo dal bacino di San Marco del
Canaletto. Nel primo l’uomo trova riposo e pace in una natura dominante e florida, in un gioco di luci e tonalità di colore; nel secondo l’operosità dei gondolieri, collocati in primo piano, ha come sfondo la facciata di Palazzo Ducale, la cui bellezza è accentuata dalla luce che si riflette nelle acque della laguna. Questi due modi di concepire uomo e natura, ma anche di attribuire senso alla pratica della pittura, sintetizzano la chiave di lettura proposta dai curatori per le oltre centoventi opere esposte (provenienti tutte da collezioni private), che tracciano uno spaccato di una società opulenta e cosmopolita.
L’iniziatore del vedutismo veneziano settecentesco è
Luca Carlevarijs, che si distingue per aver interpretato in maniera assolutamente nuova i capricci -come in
Porto di mare con monumento equestre e arco romano-, conscio del fatto che il vedutista “
non imita quanto cade sotto i suoi occhi ma elabora delle equivalenze mirando a un effetto di realtà che nulla ha a che fare con l’esattezza fotografica”. Ancor più evidente appare la personalizzazione del paesaggio in
Francesco Guardi che, attraverso pennellate di luce madreperlacea, allarga la prospettiva panoramica e gioca con le tonalità calde fino a immergere la veduta in un’atmosfera
stregata, come in
Il Palazzo Ducale dal bacino di San Marco.
Singolare è il percorso che documenta l’evolversi della raffigurazione umana, dai racconti mitici e storici o dalla narrazione biblica, in cui i personaggi si fanno interpreti di un immaginario collettivo condiviso, alle scene d’interni, di paesaggi con presenza umana fino ai ritratti. Così in
Rebecca al pozzo di
Giovanni Antonio Pellegrino, nel
Trionfo di Bacco e Arianna di
Sebastiano Ricci o nell’
Incoronazione di spine di
Tiepolo, è privilegiata la costruzione scenica degli episodi e il virtuosismo cromatico, mentre è
Pietro Longhi a spostare l’attenzione alla vita privata dell’aristocrazia, raffigurata nell’intimità della casa, benché i personaggi mantengano la rigidità del loro ruolo sociale.
Ma sono i ritratti di
Rosalba Carriera a colpire e per la raffinata tecnica del pastello su carta e, soprattutto, per la capacità di cogliere la personalità della persona effigiata e di trasformare i difetti in espressione di bellezza e fascino (ad esempio nel
Ritratto di giovane cantante).
Infine, la mostra riserva una sorpresa: una serie di sette vedute di Venezia realizzate da
Giuseppe Bernardino Bison. L’artista, prendendo a modello le acqueforti di
Antonio Vicentini (che, a sua volta, prende a modello il Canaletto), interviene con il colore e riesce a conferire alla mappa della città, al flusso del Canal Grande, la suggestione di un sogno.