Ogni estate il Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia, ente composto da varie amministrazioni pubbliche friulane nonché dall’Università di Udine e Fratelli Alinari, organizza
Spilimbergo Fotografia, rassegna che ha il pregio di mettere a confronto, nelle varie sedi espositive, gli scatti custoditi nel vasto archivio con alcune delle proposte che caratterizzano la nostra contemporaneità. In questa logica, la mostra
FVG 2008 rappresenta una ricognizione nel territorio regionale tra alcuni degli autori più stimolanti e talora già affermati.
Ad accogliere il visitatore sono gli scatti di grande dimensione
You Looking at Me? di
Isabella Pers, in cui dei giovani sono ripresi frontalmente – in figura intera o piano americano – nel medesimo contesto ambientale caratterizzato da un prato verde con alle spalle due cumuli che, pur essendo depositi d’armi di epoca napoleonica, fanno pensare ad antiche tombe ipogee. Inevitabilmente, i soggetti risultano decontestualizzati, sia per l’abbigliamento che stride con l’ambiente, sia per lo sguardo straniato e interrogativo verso lo spettatore, come suggerisce il titolo in puro stile
Taxi Driver.
Di altra natura il lavoro proposto da
Tiziana Pers che, di fede animalista, espone le foto del cavallino
minipony al mattatoio e tra le bistecche di una macelleria equina, mentre risulta volutamente kitsch l’opera
Trivignano Dreams, a quattro mani con Isabella Pers, in cui le due sorelle si fanno protagoniste di una spassosa parodia dei dépliant turistici, mostrando il proprio paese come fosse un’ambita meta vacanziera.
È ancora il territorio protagonista nelle c-print di
Massimo Crivellari, che racconta il paesaggio urbano delle zona mineraria del Predil-Raibl, dove case e fabbriche sono state abbandonate, e non rimane che la neve a mostrare lo scorrere del tempo. Il tempo invece sembra fermarsi nelle fabbriche dismesse del bianco e nero di
Sergio Scabar, che con il suo raffinato e personalissimo stile low-key con cui, pur quasi tacendo, riesce a essere compiutamente descrittivo, ma anche nel lavoro di
Stefano Graziani, che ritrae degli uccelli tropicali in gabbia, ostacolando lo spettatore nella visione, poiché la vivace livrea degli animali contrasta con la rete che li rende in cattività e alla fine più distanti di quanto si vorrebbe.
Parte dalle rocce carsiche l’analisi su più pareti di
Mario Sillani Djerrahian, che ha un approccio alla fotografia piuttosto curioso e che potrebbe a prima vista sembrare classificatorio, ma che in realtà è autore animato da un’ansia ontologica. Il suo lavoro, essenzialmente
non fotografico, dimostra come gli strumenti d’analisi del mondo a disposizione siano spesso non adeguati, per cui talvolta è necessario abdicare all’indistinto, al fuori fuoco.
Non rinuncia invece alla capacità indagativa del mezzo fotografico
Andrea Pertoldeo, che nella serie
Meglio qui. Gli sguardi sul quotidiano mette in scena microeventi in cui la presenza umana è avvertibile ma non manifesta, e stimola lo spettatore a colmare la cesura con ciò che manca, con i dettagli che sfuggono anche all’osservazione più attenta. Quasi a dirci che, se proprio esistesse, Dio giocherebbe a nascondino.