Il Gruppo di Blevio, interamente esposto in questa rassegna, è composto da undici pezzi, di non grandi dimensioni, realizzati da Arturo Martini (Treviso, 1889 – Milano, 1947) durante un soggiorno estivo sul Lago di Como, nell’estate del 1935. Tutte le opere sono realizzate in gesso, un materiale fragile e di difficile conservazione ma che possiede il grande pregio di mantenere inalterara, sulla superficie, la mano dell’artista. E, infatti, in queste essenziali e silenziose sculture, dai soggetti mitologici e classicheggianti, si percepisce con nitidezza il forte momento
Quest’atmosfera di sfiducia e di dolorosa incapacità ad opporsi agli eventi è quasi urlata nell’Ulisse, raffigurato in modo insolito, come un eroe coraggioso e forte. Seduto, colto in un momento di profonda disperazione, con le braccia drammaticamente rivolte al cielo. Questa scultura si riallaccia, in un complesso gioco di rimandi, ad analoghe composizioni realizzate in quello stesso periodo da autori come Savinio e de Chirico. Particolarmente intensi sono anche i due gessi raffiguranti il Laocoonte e Salomone, la cui estrema semplificazione formale sembra essere davvero in grado di raggiungere un punto limite della scultura.
Nel Centometrista, probabilmente l’opera più celebre dell’intero gruppo, lo scultore mette palesemente in discussione l’ideologia fascista e il suo culto per lo sport. In primo luogo con la scelta delle dimensioni ridotte, contrapposte al gigantismo tanto amato dal regime e, in secondo luogo, nella posa per niente ortodossa, quasi indecente se vista
Anche nelle figure femminili la modellazione è fortemente espressiva. Come nella Morte dell’Amazzone, dove il corpo senza vita della donna è tutt’uno con quello della sua compagna e del cavallo che le sostiene e che sembra letteralmente fremere, pronto a lanciarsi in corsa. Il contrasto risiede proprio nella forte vitalità e tensione dell’amazzone viva e dell’animale, contrapposti al corpo molle e privo di vita che li accompagna. La soluzione a tronco di cono, scelta da Martini per rappresentare la chioma delle due amazzoni, è la stessa rintracciabile anche in altre opere del Gruppo di Blevio.
Del tutto priva di retorica è, infine, la Maternità, dove il corpo nudo della madre e del bambino non si allacciano fra loro in una massa plastica compatta, ma restano sospesi, leggermente sbilanciati in avanti, uniti solo da pochissimi punti tra loro in contatto.
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