È ritornata alla prima passione Lucilla Catania (Roma, 1955). Dopo essersi servita di marmo, travertino e cemento, negli ultimi tempi ha recuperato la terracotta per lavori di piccola e media dimensione. Ma è una terracotta scura in forma di bassorilievo, smaltata e lavorata in maniera da sembrare legno, e che conserva –nonostante il materiale inorganico– il calore del fusto e della corteccia delle piante.
I soggetti sono viti e chiodi, non proposti nella loro forma rigida bensì smembrati, quasi sfibrati nella loro intima essenza, con la cura quasi maniacale di rendere visibile l’irregolarità delle venature e le crepe che possono affliggere il legno. Ed è proprio questo voler sembrare altro che stimola curiosità dell’osservatore, questo desiderio di mimetismo organico con dei soggetti di natura semplice, bassa: modellare la terra sembra un rito per estrarre dalla materia ciò che la natura non le ha concesso. Così delle attorcigliate Viti di legno fanno pendant con un solitario Chiodo su terracotta grigia smaltata che sembra bronzo, tanto per portare avanti il meccanismo di apparenza/realtà. E un Lampione, che sembra stato preso a martellate, giace impotente come un fallo vecchio e decaduto.
Altorilievo è invece un’opera che ha un’aria accademica, forse troppo pensata. Caratterizzata dall’inserimento di un cono di marmo bianco in un parallelepipedo che si apre e si squarcia, non brilla per freschezza comunicativa e tende ad essere un insieme di citazioni novecentesche.
Libri al muro invece è una bassorilievo/colonna molto interessante. È formata da libri di vario spessore sovrapposti disordinatamente ma che riescono a creare una unità fisica continua, levigata e visivamente coerente. Di una piacevole disarmante semplicità.
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