Rubare qualche opera in un museo: non dite che non avete mai accarezzato l’idea. Solo che a distrarvi dall’intento probabilmente è bastato il vostro personale buon senso, o gli occhi attenti della sorveglianza. Non è sempre così. Anzi c’è chi ne ha fatto un’autentica poetica, che ha trovato l’apice nella realizzazione di un museo d’arte contemporanea che non c’è, ma si vede. Rubare è infatti una delle mirabolanti performance di Ivan Moudov (Sofia, 1975), artista che riunisce in sé la capacità di provocazione, di sfida all’autorità, con l’ironia e la volontà di destabilizzare le norme che regolano i comportamenti sociali.
Una delle sue prime azioni fu Traffic Control, che ebbe luogo a Graz: l’artista, vestito con la divisa da vigile bulgaro, si mise a dirigere il traffico assumendo il ruolo dell’autorità. I cittadini austriaci, pur non conoscendo l’uniforme di Moudov, si dimostrarono rispettosi. Similmente, in 14.13 Minutes Priority, fece percorrere in continuazione una rotonda di Weimar a sette auto che riuscirono così a bloccare il traffico paralizzando le arterie stradali e causando chilometri di coda. Tutte azioni che denotano le sue capacità di utilizzare le regole sociali a proprio vantaggio. Ma forse il progetto intellettualmente più cattivo, perchè apertamente contro le regole, è Fragments. L’azione ebbe inizio nel 2002, quando l’artista bulgaro iniziò una campagna di piccoli furti di opere contemporanee da musei e gallerie pubbliche. Si trattava per lo più di parti accessorie di installazioni, anche se di opere rilevanti e talvolta storicizzate, che però mantengono tutta la valenza del feticcio artistico. Un oggetto di Zen for Wind di Nam June Paik, una fotografia di John Baldessari, una lama di rasoio di Otto Muhel, un fusibile di un’insegna luminosa di Dan Flavin, un telecomando sottratto a Pipilotti Rist o la spazzola di uno degli aspirapolvere di Jeff Koons.
Le parti di opere, molte delle quali non facilmente riconoscibili, vennero successivamente raccolte in moderne Boîte-en-valise di color rosso ed esposte al Museo d’Arte Contemporanea di Sofia. Questo almeno ebbero a credere le persone che parteciparono all’azione organizzata nel 2005 da Moudov nella capitale bulgara: l’artista infatti mise in moto una campagna pubblicitaria (con tanto di inviti, manifesti e cartelloni nella città) che annunciava l’imminente apertura di un nuovo Museo d’Arte Contemporanea (Musiz), presso la stazione di Podujane. Accorsero in centinaia all’evento inaugurale della nuova istituzione che esponeva i Frammenti da lui rubati, e molte persone parteciparono anche alla festa inaugurale con tanto di dj set. Inutile dirlo, era tutto falso.
È così che, da un lato, Moudov mostra con evidenza la capacità di prendersi gioco delle persone portandole a vivere un evento che è pura finzione, rendere cioè reale ciò che è soltanto verosimile (simmetricamente ha sottratto ai musei le audioguide che raccontano le opere e che ne sono in qualche modo succedanee).
D’altro canto l’artista realizza, come scrive Maria Vassileva, “un monumento alla negligenza delle istituzioni del suo paese”. Messaggio politico che non sfigurerebbe anche in altre nazioni.
link correlati
Bio, CV, ed un’attenta analisi delle opere più interessanti di Moudov (in inglese)
L’intervento alla Kunsthalle di Kassel (in inglese)
L’ultima produzione dell’artista bulgaro (in inglese)
daniele capra
mostra vista il 9 dicembre 2006
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