Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
02
dicembre 2009
fino al 4.XII.2009 Francesca Martinelli Monfalcone (go), Katy House Gallery
friuli v. g.
Un risveglio di pulsioni libidiche provenienti dal subconscio. Che si manifestano senza mai rinunciare a un'estetica vivace e colorata. Debitrice nei confronti dell'alta moda, del weird e forse un po’ noir...
La convinzione che un tipo di
linguaggio seduttivo si riveli il modo più eloquente per arrivare al pubblico è
divenuto uno dei capisaldi della poetica di Francesca Martinelli (Udine, 1978). La sua ricerca
indaga le potenzialità del corpo come cartina di tornasole in grado di
esternare il complicato universo interiore dell’uomo. Mimetizzandosi nei nuovi
spazi della galleria, i tableau vivant, le fotografie e le sculture in mostra sembrano
far parte del compendio d’arredo del luogo, integrandosi perfettamente con i
preziosi oggetti di design esposti.
Una vasca da bagno smaltata
rappresenta le ceneri di una performance la cui interprete è una Ofelia
contemporanea, compianta e assistita da un discutibile Amleto, vestito con uno
sgargiante intimo di Superman: la nitida spregiudicatezza delle fotografie
esposte dissimula la tragedia raccontata nella storia originale e
contemporaneamente la carica di significato, catapultandola in un hic et
nunc che rende
intramontabile il dramma shakespeariano.
Ancora un riferimento a un
racconto intramontabile è il mito reinterpretato da Martinelli in The
Violent Eurydice,
in cui una donna-bozzolo avvolta in un manto di capelli (evidente metafora di
Orfeo) si trova distesa in un cimitero di preziosi e decadenti lampadari a
goccia, come simboli della luce che porta all’Ade.
L’ingresso dell’artista in
scena come performer principale è segnato da un’escalation musicale culminante
con l’angosciante We Have Arrived di Aphex Twin, che sembra comandare inesorabilmente i
gesti meccanici e violenti dell’artista nel tentativo fallimentare di dipanare
la matassa organica in cui è avvolta la testa di Orfeo, contemporaneamente
reliquia e feticcio su cui Euridice riversa il proprio amore.
Protagonista di Wound è invece una giovane donna che
mostra se stessa e il suo corpo in seguito a svariate operazioni di
automutilazione. La confezione con cui ci è però offerta la visione di questa
donna – il morbido divano rosso a forma di bocca su cui è seduta, la parrucca
biondo paglia e le scarpe sgargianti che indossa – sdrammatizza la situazione,
abbassandone il tono con una buona dose d’ironia. Il suo dramma è esorcizzato
senza alcuna vergogna, anzi esibendo al pubblico un kit assortito di tutti gli
strumenti per infliggersi del dolore.
Il corpo della performer,
interamente coperto di seicento cerotti che sembrano sostituire la sua pelle, è
totalmente indifferente ai valori morali predicati dal buon costume. E si
carica drammaticamente, con leggerezza e superficialità solo apparenti (per
renderne meno pesante la fruizione), di tutte le pressioni sociali a cui è
costretto ancora oggi l’universo femminile.
linguaggio seduttivo si riveli il modo più eloquente per arrivare al pubblico è
divenuto uno dei capisaldi della poetica di Francesca Martinelli (Udine, 1978). La sua ricerca
indaga le potenzialità del corpo come cartina di tornasole in grado di
esternare il complicato universo interiore dell’uomo. Mimetizzandosi nei nuovi
spazi della galleria, i tableau vivant, le fotografie e le sculture in mostra sembrano
far parte del compendio d’arredo del luogo, integrandosi perfettamente con i
preziosi oggetti di design esposti.
Una vasca da bagno smaltata
rappresenta le ceneri di una performance la cui interprete è una Ofelia
contemporanea, compianta e assistita da un discutibile Amleto, vestito con uno
sgargiante intimo di Superman: la nitida spregiudicatezza delle fotografie
esposte dissimula la tragedia raccontata nella storia originale e
contemporaneamente la carica di significato, catapultandola in un hic et
nunc che rende
intramontabile il dramma shakespeariano.
Ancora un riferimento a un
racconto intramontabile è il mito reinterpretato da Martinelli in The
Violent Eurydice,
in cui una donna-bozzolo avvolta in un manto di capelli (evidente metafora di
Orfeo) si trova distesa in un cimitero di preziosi e decadenti lampadari a
goccia, come simboli della luce che porta all’Ade.
L’ingresso dell’artista in
scena come performer principale è segnato da un’escalation musicale culminante
con l’angosciante We Have Arrived di Aphex Twin, che sembra comandare inesorabilmente i
gesti meccanici e violenti dell’artista nel tentativo fallimentare di dipanare
la matassa organica in cui è avvolta la testa di Orfeo, contemporaneamente
reliquia e feticcio su cui Euridice riversa il proprio amore.
Protagonista di Wound è invece una giovane donna che
mostra se stessa e il suo corpo in seguito a svariate operazioni di
automutilazione. La confezione con cui ci è però offerta la visione di questa
donna – il morbido divano rosso a forma di bocca su cui è seduta, la parrucca
biondo paglia e le scarpe sgargianti che indossa – sdrammatizza la situazione,
abbassandone il tono con una buona dose d’ironia. Il suo dramma è esorcizzato
senza alcuna vergogna, anzi esibendo al pubblico un kit assortito di tutti gli
strumenti per infliggersi del dolore.
Il corpo della performer,
interamente coperto di seicento cerotti che sembrano sostituire la sua pelle, è
totalmente indifferente ai valori morali predicati dal buon costume. E si
carica drammaticamente, con leggerezza e superficialità solo apparenti (per
renderne meno pesante la fruizione), di tutte le pressioni sociali a cui è
costretto ancora oggi l’universo femminile.
articoli correlati
Martinelli alla
Civica di Monfalcone
alice ginaldi
mostra visitata il 13 novembre
2009
dal 13 novembre al 4 dicembre
2009
Francesca Martinelli
a cura di Eva Comuzzi e Alessio
Curto
Katy
House Gallery
Via
Cesare Augusto Colombo, 1 – 34074 Monfalcone (GO)
Orario: da martedì a sabato ore
10-19; domenica ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 048140954; katy.house@live.it
[exibart]