Con Love/Hate si concretizza dunque -all’interno del suggestivo scenario offerto dalla settecentesca Villa Manin di Passariano- il recente sodalizio sorto tra Riccardo Illy, governatore della Regione Friuli-Venezia Giulia, e Francesco Bonami. Un sodalizio grazie al quale si è istituito un nuovo e importante (oltre che finanziariamente ben dotato!) Centro per l’arte contemporanea, in grado di portare in Italia opere e progetti di primissimo livello.
Con tali ambiziose premesse è quindi stata allestita questa prima rassegna, costituita da una cinquantina di lavori (alcuni già visti nella scorsa Biennale), provenienti dal Museo d’Arte Contemporanea di Chicago dove lo stesso Bonami ricopre da alcuni anni l’incarico di curatore.
Protagonisti molti dei più importanti artisti che hanno segnato l’arte contemporanea degli ultimi decenni e il loro modo di confrontarsi con la realtà. Sentita e interpretata sia attraverso le coloratissime e ammiccanti immagini che caratterizzano la comunicazione di massa, sia con la rappresentazione della solitudine e dell’alienazione alle quali la medesima società costringe molti individui. Dagli anni Cinquanta ad oggi, il meglio delle collezione del Museo statunitense.
Il percorso espositivo -basato su criteri cronologici piuttosto elastici– comincia con la visione di opere fondamentali realizzate da Renè Magritte, Jean Dubuffet, Leon Golub e Balthus, tutte pittoriche e realizzate negli anni Cinquanta, a cui seguono i celebri (e ormai immancabili) lavori di Robert Rauschenberg e Andy Warhol.
Ampio spazio alla scultura, soprattutto firmata Jeef Koons del quale sono esposte quattro opere, tra cui la divertente e ambigua Pink Panther e il celebre Rabbit in acciaio, volutamente visibile, in prospettiva, da tutte le sale.
Per la fotografia presenti -oltre a Cindy Sherman e Thomas Struth – i grandi Bernd e Hilla Becher, con i loro silos e le loro strutture industriali rigorosamente rappresentati in bianco e nero. Presenti anche due altri fondamentali autori tedeschi formatisi alla Scuola di Dusseldorf: Andrea Gursky e Thomas Ruff.
La scelta del bianco e nero si rincontra sia nella serie di immagini dello statunitense Larry Clarck -straordinario narratore di una certa America nella quale più che vivere i suoi soggetti sono sempre costretti a sopravvivere– sia in tutti e tre i video presenti nella rassegna. Particolarmente drammatico e angosciante quello firmato dal sudafricano William Kentridge capace di alternare, in un film animato realizzato con il montaggio di centinaia di disegni a carboncino, sia tematiche politiche e razziali sia altre di carattere più intimistico.
Infine, di notevole effetto, sebbene visibilmente sacrificato da una collocazione eccessivamente schiacciata contro una parete, il gigantesco Felix di Maurizio Cattelan. Lo storico personaggio dei cartoons è paradossalmente riproposto dall’artista come enorme scheletro felino, raffigurato con la classica posa del gatto pronto all’attacco.
Insomma -ad eccezione di alcune scelte di allestimento che paiono discutibili, specie nel salone centrale dove oltre a quello di Cattelan anche in lavoro di Carl Andre risulta sacrificato- Love/Hate è una mostra di ottimo livello, capace di portare importanti opere all’interno di una Regione che, a livello di arte contemporanea, fino a oggi non ha mai potuto e in parte neanche voluto, impegnarsi a sufficienza. La speranza quindi è che questo evento rappresenti una reale svolta, capace di non esaurirsi in tempi brevi.
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