L’insostenibile leggerezza dell’essere. Milan Kundera potrebbe essere una buona chiave di lettura per capire la pittura particolarissima di Luca Alinari (Firenze, 1943). E il parallelo, a prima vista un semplice azzardo, si rivela sorprendentemente significativo.
La prima cosa a colpire è l’onirica figurazione umana, che talvolta richiama i violinisti di Chagall, talaltra l’illustrazione per l’infanzia: le persone, spesso affiancate da un doppio maschile o femminile, sono caratterizzate da un’impalpabile inconsistenza che ne arrotonda le spigolosità del corpo e ne allenta fiabescamente le articolazioni. Donne e uomini (a volte difficilmente distinguibili se non per gli abiti e l’immancabile cravatta) hanno i visi dolci e levigati ma con un’aria meditativa e assorta. Quasi fossero impegnati in metafisiche speculazioni. Ma la superficie colorata e senza prospettiva, a volte con porzioni in rilievo grazie all’uso di resine, è abitata da finestre magiche dalle quali escono volti, porzioni di paesaggio, cascate, alberi, monumenti come la cupola del Brunelleschi, e le mille citazioni che spaziano dalla rinascimentale Città ideale agli uccelli meccanici di Depero in Una diversa organizzazione nervosa. È poi la combinazione tra i colori dello sfondo (celeste, sabbia, rosa), cui si contrappongono le mille sottolineature puntiformi di colore sui bordi della superficie, e i segni decorativi, che dinamicamente fa scappare o cattura la vista.
E l’equilibrio euritmico tra le varie componenti cromatiche, non disgiunto da un’aura onirico-surrealista sorprende per freschezza e levità. Levità sottolineata dal ricorso del pastello e, talvolta dall’uso di una non-pittura come il ricamo, e anche nella scelta di superfici rotonde, come in Lo specchietto della moto o segmentate, come in La scuola di via De Amicis.
Ma se la varietà dei materiali è funzionale a creare il piacevole diletto dell’occhio, presto si scopre il peso −in Kundera insostenibile, ma qui per niente− delle cose fatte con leggerezza. Il peso della tradizione coloristica toscana, del surrealismo, dello sfogo anarchico (talvolta forse lezioso) della fantasia, delle briglie sciolte ad ogni tentativo di abbandonare la realtà.
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