Dal movimento all’emozione. È questo il complesso e ambizioso tema della mostra fotografica curata da Elio Grazioli per il CRAF (Centro Ricerca e Archiviazione della Fotografia) e la Provincia di Pordenone, nell’ambito della rassegna annuale Spilimbergo Fotografia. Soggetto che, per la pregnanza filosofica da un lato e la molteplicità degli approcci formali dall’altro, tende ad essere sfuggevole e difficilmente collocabile all’interno una gabbia tassonomica, tanto più in un momento come il nostro in cui si assiste ad una diffusa mescolanza ideologica, estetica e contenutistica. Per la mostra sono stati selezionati un centinaio di lavori dagli Anni Trenta ai nostri giorni che si è scelto di disporre –in un elegante e curato allestimento– con criterio cronologico, forse eccessivamente didascalico data la possibilità di affrontare trasversalmente il tema basandosi sui soggetti o sui contenuti emotivi. I generi affrontati spaziano così dal fotogiornalismo tra le due guerre alle ultime tendenze della Helsinki School.
È il volo di una bambina sull’altalena di Walter Rosenblum (New York, 1919-2006) ad aprire il percorso dell’esposizione, cui fanno seguito i Frati volanti còlti da Nino Migliori (Bologna, 1926) mentre giocano a pallavolo, nel goffo rigonfiarsi delle tonache. Ma al movimento cinetico è subito contrapposto il moto interiore, come quello della folla ammutolita che Robert Doisneau (Parigi, 1912-1994) ritrae di fronte alla Gioconda, alla riapertura del Louvre dopo la seconda guerra.
Con Mario Giacomelli (Senigallia, 1925-2000) il movimento della coppia che amoreggia sotto un albero diventa anche movimento dello zoom della fotocamera che concentra lo sguardo sul soggetto principale. Una specie di sottosezione è dedicata all’utilizzo del mosso, a partire da Mario Cresci (Chiavari, 1942) fino ad arrivare al visionario Luca Maria Patella (Roma, 1938), capace di condensare in una unica immagine le infinite corrispondenze tra microcosmo e volte astrali.
La femminilità degli scatti di Nan Goldin (Washington DC, 1953) è intelligentemente contrapposta alle asciuttissime e taglienti immagini di una folla urbana spaesata, ripresa da Philip Lorca di Corcia (Connecticut, 1953) mentre cammina tra le strade della città, incapace di dare un senso alla propria azione ed in ultima istanza alla propria esistenza. La pensa diversamente Beat Streuli (Zurigo, 1957) che coglie le persone nella loro spontaneità nelle grandi città multietniche mentre Alessandra Spranzi (Milano, 1962) è essa stessa a recitare un ruolo nelle proprie foto, come nella lirica immagine in cui soffia nel gambo di un fiore.
La capacità di inscenare una narrazione è centrale anche nei lavori di Lorenzo Pesce (Roma, 1973) che racconta una storia con la semplice ripresa di un istante. Ma è con le intense immagini Aino Kannisto (Finlandia, 1973) che la storia viene condotta all’acme emotivo. Quello dell’attesa che precede gli infiniti possibili sviluppi di un momento.
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