Concepita e proposta come un prezioso tesoro che si svela al pubblico, questa mostra dal carattere inedito – già ospitata nei mesi scorsi presso la Chiesa di San Francesco di Udine – accompagna il visitatore in una piacevole passeggiata nella storia dell’arte friulana. Le fa da cornice un ex convento, che offre a questa collezione un ambiente adatto a ospitare una raccolta così eterogenea.
Le opere, provenienti dalle raccolte dei Monti di Pietà del Friuli, sono state acquistate dalla Fondazione Crup con lo scopo di evitarne la dispersione e assicurarne la valorizzazione: ci sono esempi di miniatura secentesca, sculture, incisioni e dipinti che dal XV secolo arrivano sino agli anni ’70. Senza soluzione di continuità si attraversano sei secoli di storia, spaziando negli stili e nelle espressioni.
Dopo una sezione dedicata ai ritratti e ai paesaggi, è la
Crocifissione del 1947 di
Afro e
Mirko Basaldella a colpire per forza e profondità . La ceramica lucida, i gialli e i blu squillanti, le figure allungate, la plastica espressionista del rilievo, la composizione rinascimentale declinata in chiave cubista fanno di quest’opera un raro esempio di arte sacra del Novecento. Che riesce a rispettare la coerenza con la modernità e a trasmettere, allo stesso tempo, il dramma di una scena religiosa senza essere imprigionata nella grammatica di un’iconografia secolare.
Nella sala centrale, fissata in sospensione, spicca un’altra opera imponente, anche per le dimensioni: è uno dei disegni preparatori realizzati nel 1949 da Mirko Basaldella per la cancellata del monumento delle Fosse Ardeatine. Impressionante il movimento dell’enorme intreccio di figure umane, che restituisce la sofferenza subita con toni solenni in cui, senza retorica, coesistono tragedia e celebrazione del dolore. Di altro carattere la statua raffigurante un
Santo diacono e risalente alla fine del XV secolo, che testimonia l’importante tradizione di scultura lignea in territorio friulano. Colpiscono poi alcune tele con rappresentazioni della Pietà e della Deposizione, storicamente fra le più adatte a decorare gli Istituti dei Monti di Pietà . La
Deposizione del veneziano
Palma il Giovane, datata 1620, colpisce per la figura luminosa del Cristo che emerge dai toni cupi del fondo, mentre quella di
Pomponio Amalteo (1576), di impianto piĂą classico, trasmette una tensione drammatica sottolineata dai volti sofferenti del Cristo e della Vergine.
Un prezioso vaso d’argento cesellato, tele del Settecento veneziano, arazzi astratti, aurei risalenti al periodo longobardo (alcuni dei quali generalmente in deposito presso il Museo Archeologico di Cividale) completano la rassegna, che si delinea non solo come mostra d’arte ma anche come ritratto della cultura e della storia di un territorio non ancora opportunamente valorizzato.