Il Premio
Giovane Emergente Europeo Trieste Contemporanea giunge quest’anno alla decima
edizione e – affidato per la seconda volta consecutiva alle mani di Daniele
Capra – ha proclamato vincitore
Driant Zeneli. Albanese di nascita (Scutari, 1983; vive a Torino), Zeneli ha
realizzato per quest’occasione il video
The Dreams of Icarus was to make a
Cloud. Un titolo seducente e sognante, che mette di fronte non solo
– per citare le parole del curatore – “
al fascino discreto dell’utopia”, quanto ai fallimenti dell’essere umano.
Nell’eseguire un
volo col parapendio, l’autore non compie il tentativo di raggiungere il sole,
ma plana rasoterra, consapevole delle difficoltà alle quali sta andando
incontro. Rimane così a metà strada, fra la terra e il cielo. Non viene
inghiottito, come Icaro, dalle acque, ma resta avvolto dal fumo impalpabile
delle nuvole, prigioniero del nulla che egli stesso ha creato.
Se per molto
tempo le nuvole sono state metafora del sogno e del pellegrinaggio spirituale, tanto
da esser considerate, in alcune religioni, veicolo della meditazione e luogo di
visioni, simboli di fecondità o possibili richiami all’invisibile, nel video di
Zeneli divengono allegoria della fugacità delle cose. Mentre il volo,
tutt’altro che pindarico, ricorda quanto l’uomo si ritrovi spesso cieco di
fronte ai propri limiti, oltre che incapace di vivere il presente.
When I Grow
Up I Want To Be An Artist, This
Will Be My Space o ancora
All Art
Has Been …temporary sono infatti titoli
che portano in nuce un tempo passato o futuro, dunque un momento che non ci
appartiene più o non ancora, e dove tutto si trasforma in ricordo nostalgico o
in proiezione.
Dove il presente, anche se vissuto, è comunque un
momento che brucia in fretta, che si consuma in pochi attimi.
Nei lavori
dell’artista albanese, ogni avvenimento e ogni momento vengono abbandonati e
plasmati dal caso. Ecco allora che l’incidente tecnico accorso
all’installazione di
Maurizio Nannucci sul tetto della Gam di Torino, che oscura le prime tre lettere di
‘contemporary’, trasformandosi in ‘temporary’, diviene un pretesto per aprire
le porte a una riflessione sulla fragilità dell’opera d’arte contemporanea,
oltre che sugli eventi imprevisti e imprevedibili che a un tratto possono
stravolgere una situazione.
In questa
processualità lasciata al caso si colloca anche
Too Late, riflessione nostalgica sullo scorrere del tempo,
che cala inevitabilmente un’ombra su ciò che è stato, nonostante la memoria
cerchi di ricostruire.
Puzzle 130 è, come indica il titolo stesso, un puzzle. Bianco,
vuoto, senza immagini. Ai ragazzi attorno al tavolo spetta il compito di
ricomporre ciò che è stato, di ricominciare, di ricostruire le cose dal nulla.
Vicino per certi
aspetti ai lavori dei conterranei
Adrian Paci e
Sislej Xhafa, Zeneli
rivela uno sguardo acuto e poetico sulle cose e sugli avvenimenti intercorsi
nel suo paese, gettando le basi per una nuova e interessante generazione di
artisti albanesi.
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A me sembra proprio la copia di sisley, con qualche spruzzatina di Paci. Prendiamo atto che dopo più di dieci anni siamo rimasti li'. Voglio vedere fino a quando continueremo a raccontarcela.