La mostra
Analogo al paesaggio presenta sia fotografie d’epoca che gli ultimi lavori di
Mario Sillani Djerrahian (Addis Abeba, 1940; vive a Trieste). Ad accogliere il visitatore è
Autoritratto con 24 corpi diversi del 1977, che ha la funzione di pannello biografico introduttivo. A seguire si è invitati a entrare in un mondo di pura rappresentazione fotografica, l’analogo al paesaggio/realtà che l’artista va costruendo da decenni.
È un invito un po’ brusco, senza punti d’orientamento, poiché lo spazio della galleria è in apparenza allestito senza un percorso chiaramente leggibile. Bisogna conoscere il lavoro di Sillani per ricondurre le sue opere al tema della mostra: la rappresentazione in forma analogico-fotografica del paesaggio. Tutti i lavori rispondono, infatti, all’esigenza del fotografo di sperimentare la propria percezione della realtà, che – come scrive Angela Madesani – “
attraverso l’occhio della macchina fotografica si guarda intorno, vede la natura, la terra, il cielo, legge il circostante, ne offre un’interpretazione mediata dalla sua cultura, dalla sua sensibilità”.
L’opera seguente, in ordine cronologico, è
Paesaggi olandesi sul Carso (1987), una composizione di nove fotografie elaborate in cui le vedute del Carso triestino si fondono a cieli di paesaggi pittorici. La fusione di livelli d’indagine del reale è il vero indice di tutta l’esposizione: la realtà è intesa come costruzione mentale, il paesaggio “
esiste in quanto ne esiste un osservatore”.
Seguono opere che rappresentano il versante paesistico del fotografo triestino – come
Campi solcati, in cui si alternano rocce che paiono fossili a sfocate forme che rimandano all’acqua – e altri lavori con differenti approcci, come
Paesaggi di W. Turner, una composizione di riproduzioni fuori fuoco di quadri del pittore inglese. Altre opere sono esemplificative della ricerca storico-artistica dell’autore, come gli
Analoga (riproduzioni di quadri di paesaggio, in cui Sillani sembra svolgere un’analisi del retino tipografico) o gli
Analogo a Ad Reinhardt, dove vengono riproposte in un trittico tre opere del pittore statunitense, evidenziando i pixel delle immagini riprese da Internet, con un’ironica contraddizione fra il titolo della sequenza e l’uso delle immagini digitali.
Di grande interesse è inoltre la sequenza
Paesaggio di Nicolas De Staël, lavoro inedito in cui Sillani propone la stessa struttura concettuale delle opere precedenti, ma indagando il grado primitivo della fotografia analogica, ossia la sua componente chimica. In quest’opera, composta da dodici pezzi, i quadri del pittore russo-francese sono riprodotti dalla mano del fotografo direttamente sulla carta fotografica.
Per ultimo il video
Fine, in cui l’autore racconta a parole un paesaggio che non c’è, che non si vede, che è la fine del paesaggio e, dunque, l’interpretazione della fine dell’arte. Un salto che par definitivo nel non-rappresentabile.