Sono nove donne. Una dopo l’altra occupano uno spazio, al ritmo serrato di nove eventi in meno di un mese. Complice è la notte, luogo di paure, ma anche di riflessione, e di cambiamento, dove accade più di quanto è dato vedere. A disposizione tre notti ciascuna per occupare il Visionario (cinema multisala d’essai che organizza una chicca come il Far East Festival) che un tempo fu Casa della Gioventù Italiana del Littorio. E dove madri e nonne erano italianamente educate a quel “sol dell’avvenir” che non videro mai. Ma allora, anche per loro, riprendiamocilanotte.
Il titolo vuol richiamare l’attenzione sul potenziale femminile; un magma inespresso troppo spesso ignorato. Il progetto infatti fa proprio lo slogan che trent’anni fa unì 26.000 donne scese in piazza a Roma per rivendicare il diritto ad una cultura, ad una sensibilità, ad una proiezione del sé che non fosse immagine riflessa dell’identità maschile. Ma che garantisse, al contrario, il pieno rispetto di una diversità ancora tutta da scoprire.
L’ouverture è affidata a Virginia Di Lazzaro, giovane udinese capace di aprire un varco luminoso, ipotetico, discutibile sull’identità femminile. Donna+lampione titola la performance continuativa di sette volontarie che, nell’arco temporale della mostra, hanno stazionato sotto altrettanti lampioni cittadini. In tempo reale delle telecamere fisse hanno riportato su sette video all’interno del cinema il fluire di quelle notti e i loro improbabili accadimenti. Esperienza che l’artista invita tutti (anche uomini) a fare, contribuendo con un’immagine di sé sotto un lampione da inviare al suo indirizzo e-mail.
Teresa Ragonesi, invece, per discutere il lato terribile della quiete domestica, ha installato nell’abside della mostra Folle volo vorace, un mostruoso stendibiancheria-rapace, con le classiche mollette, in cui ogni elemento del proprium femminile può trasformarsi in pensiero incombente, minaccioso, per una esistenza costretta e ricattata da gesti minuti e ordinari. Gioca con gli occhi Liana Frappa, autrice di un video in bianco e nero che, accostando sguardi diversi, sembra quasi prendere per il naso gli spettatori, sin troppo avvezzi ad opere stanche, incapaci di trarre a sé gli occhi in maniera irresistibile, ironizzando −come sottolineato dal curatore− sul predicato picassiano della mirada fuerte.
Elisabetta Novello si dedica alla realizzazione di un centrino enorme (occupa una gran porzione del pavimento), quanto mai femminile arte applicata. Solo che il centrino è di cenere e l’effimera trama materica della tela è immancabilmente destinata a disperdersi nella fragilità del dispiegarsi delle ore, ma anche a rinnovarsi ciclicamente. Metafora poetica di un’avanguardia artistica femminile impegnata, consapevole, corrusca e combattiva.
francesca agostinelli
mostre visitate il 13, 16, 19 e 22 gennaio
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