Durante la registrazione del messaggio alla nazione del Presidente della Repubblica, uno dei suoi collaboratori lo invita a sistemarsi un ciuffo di capelli ribelle. Nel fuorionda, Mattarella si dà una sistemata e si giustifica mesto: «Eh, Giovanni, non vado dal barbiere neanche io!», alludendo alla chiusura di parrucchieri e affini nel lungo periodo di lockdown. La frase diventa subito virale. Una pagina online, Testi Manifesti, trasforma l’affermazione in uno statement vero e proprio, scritto a caratteri cubitali in rosso sopra un’autocertificazione da compilare (ve le ricordate le Autocertificazioni Illustrate?).
Citazioni da film e canzoni, modi di dire, ma anche attualità politica. Frasi giocose come quella di Sergio Mattarella, ma anche drammatiche come «I can’t breathe», implorato da George Floyd qualche giorno fa. Testi Manifesti è il blog seguito da migliaia di utenti che raccoglie le frasi più iconiche e le trasforma in poster digitali dalla grafica efficace, capaci di andare dritti al punto. Abbiamo chiesto all’ideatore della pagina di raccontarci la sua storia e quella dei suoi manifesti.
Che cos’è Testi Manifesti?
«È una via di mezzo tra una pagina di meme e un portfolio di un illustratore (che però non sa disegnare e fa il grafico). In realtà è una cura psicologica mascherata da hobby».
Come è nato il progetto?
«Più o meno nel 2012 mi sono ritrovato a fare, come dicevo all’epoca, “manifesti belli con frasi qualsiasi”. In realtà era una risposta inconscia alla voglia di fare grafica bella, cosa che non capita spesso quando si fa il grafico di mestiere e si vive in mezzo a mille compromessi.
All’inizio, finito il manifesto “chiudevo senza salvare”. Mi bastava averlo fatto, non mi interessava conservarli. Poi due amici e colleghi mi fecero educatamente notare che salvarli non sarebbe costato nulla. Avevano ragione. Il sito tumblr, la pagina Facebook e il nome che tuttora mi piace tantissimo, sono nati subito dopo, anche se li vedevo semplicemente come piattaforma di archiviazione. E, come si dice, il resto è storia».
Come scegli le frasi che poi diventeranno uno dei tuoi manifesti?
«Le prendo (anzi, mi vengono incontro) da libri, canzoni, film che mi piacciono, addirittura da chat o telefonate con amici. Oppure dalla quotidianità, soprattutto politica.
Quando le sento o le leggo, vedo il manifesto già nella testa, sento la grafica che possono far scaturire. Non so se è il suono, il significato, il rapporto tra le parole…
Con la mia spalla artistica è nato un modo di dire: “questa frase è testomanifestabile”. Non vuol dire niente ma rende perfettamente l’idea. Ad esempio è successo con “questo governo non lavora col favore delle tenebre” detta da Conte qualche settimana fa».
Chi c’è dietro questa iniziativa? Raccontaci un po’ di te.
«Marco, Brindisino, 34 anni, ma da 15 vivo e lavoro a Roma. Alle elementari mi piaceva fare i cartelloni, mia madre mi leggeva Rodari illustrato da Munari, mio padre mi faceva usare paint sul suo pc fine anni ‘80 …e “magicamente” mi sono ritrovato a essere un grafico».
Ormai due anni fa, Cheap Festival ha stampato il pdf del testo-manifesto contro “sta rottura de cojoni dei fascisti”, rendendolo un poster da affiggere realmente sui muri di Bologna, all’interno di un progetto più ampio di rigenerazione urbana e di indagine sul territorio. Come ci si sente quando i tuoi lavori escono dal mondo fatto di pixel e approdano in quello “vero”? È una intenzione a cui hai pensato per progetti futuri?
«Io ora sono art director e grafico in un’istituzione e mi capita spessissimo di vedere cose fatte da me attaccate per strada, nelle pensiline degli autobus, sui giornali o comunque “sotto gli occhi di tutti, nel mondo vero”. Ma non ti nascondo che quella volta a Bologna è stata un’emozione nuova… Era come se quella frase l’avessero voluta dire tutti ma fino a quel momento non sapevano come esprimerla. Ivano aveva trovato le parole giuste, mentre io gli avevo (solo) dato una forma. Che poi è lo spirito di Testi Manifesti.
Per il futuro sto lavorando a due progetti “per il mondo reale” da finanziare in crowdfunding: un libro/oggetto di arredamento e un mazzo di carte.
E poi mi piacerebbe raccogliere tutti i manifesti in un libro vero, da libreria».
Qual è il tuo testo-manifesto preferito?
«AMERICANI DI BARI. Non ha senso, ha un concept che mi fa impazzire e ogni volta che lo guardo rido come ridevo mentre lo facevo.
Però anche quello che ho appena finito mi piace veramente da morire e potrebbe diventare il mio nuovo preferito. È con una frase di “E ti vengo a cercare” di Battiato nella versione del Consorzio Suonatori Indipendenti».
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