exibart.talks presenta la nuova rubrica dedicata al mondo dell’illustrazione e del fumetto italiano. Ogni settimana sul nostro sito, un’intervista esclusiva. L’appuntamento di oggi è con Gabriele Pino.
Ciao Gabriele. Per prima cosa: com’è iniziato il tuo percorso come illustratore?
«Senza rendermene conto direi. Ho avuto la fortuna di crescere in una casa di campagna con un grande giardino dove spesso raccoglievo foglie, fiori e catturavo insetti che poi provavo a disegnare. Ho imparato così a esplorare il mondo. Ricordo che da bambino mi divertivo a “pasticciare” i libri che avevamo in casa e se erano privi di immagini io cercavo di aggiungerle: aggiungevo parti ai libri illustrati, disegnavo a matita sui bordi delle pagine dei romanzi e anche a scuola, sui libri di testo.
Ho frequentato durante l’adolescenza corsi serali di fumetto; sapevo che non avrei voluto smettere mai quel bel gioco che facevo da bambino, ovvero disegnare il mondo intorno a me. Dopo i tre anni di Istituto Europeo di Design che ho frequentato dopo il liceo linguistico ho avuto la conferma che sarebbe diventato un lavoro a tutti gli effetti. Ho iniziato a collaborare con la redazione de LaStampa su Origami settimanale disegnando fumetti e poi sono arrivati i primi lavori per l’editoria. Era il 2015».
Che cosa ti ispira nei tuoi lavori?
«Da bambino sognavo di fare magie, poi ho iniziato a disegnare e ho realizzato il mio sogno. Più di tutto mi ispirano gli ambienti rurali o i piccoli agglomerati umani delle isole o delle coste, in ogni parte del globo. Forse perché sono cresciuto nelle campagne vercellesi, fra boschi e risaie e vivo ancora qui, fra un viaggio e l’altro.
La natura e gli esseri umani sono la mia fonte di ispirazione: ne amo tanto la poesia quanto le stranezze. Mi piace indagare le abitudini di noi Sapiens, disegnare la nostra emotività, divulgare informazioni sui nostri archetipi dell’immagine e sulle nostre passioni, raccontare con parole e disegni le credenze, i miti, i costumi e le tradizioni di ogni parte del globo. Viaggio spesso per scoprire le storie della tradizione orale e creare progetti libro autoprodotti.
Il mio progetto personale più attivo ultimamente è proprio IL BESTIARIO D’ITALIA: una serie di viaggi nelle province italiane alla ricerca delle bestie fantastiche della tradizione orale, che poi diventeranno libri scritti e illustrati da me, e in parte anche composti a mano, con copertina in serigrafia e parti interne applicate dopo la stampa. Per ora ho creato il primo volume sugli Appennini a seguito del primo viaggio, avvenuto l’estate del 2017; sto scrivendo e disegnando il secondo sulla Sardegna. Ultimamente mi piace definirmi un illustratore esploratore! E nel tempo libero lascio che la vita mi sorprenda».
Recentemente hai realizzato le illustrazioni per “Tarocchi magici e cavallereschi. La vera storia di Rolando” l’ultimo libro di Marcello Simoni, uscito lo scorso dicembre, mentre continua la tua collaborazione con TuttoLibri, l’inserto dedicato alla lettura de La Stampa. Progetti per il futuro?
«Uscirà un libro che ho illustrato che racconta i ragazzi che stanno cambiando il mondo: sono tutte anime coraggiose (al disotto dei vent’anni) che in un modo o nell’altro hanno creato progetti, associazioni, o iniziative utili all’intera specie umana. Ci sono inventori adolescenti, piccoli ambientalisti e coraggiose attiviste per i diritti umani. È un libro a cui tengo molto, mi fa sentire utile alla specie in qualche modo.
Usciranno poi un paio di libri con copertine realizzate da me in primavera inoltrata e oltre alle collaborazioni con LaStampa e ADDeditore continua la mia collaborazione con la ceramista Cecilia Mosso, io disegno sulle sue ceramiche attraverso il processo di decalcomania.
E poi continuo con i miei progetti personali e i miei viaggi-reportage illustrati, primo fra tutti la serie di libri IL BESTIARIO D’ITALIA.
Sto poi ideando progetti illustrati su Portogallo, Canarie e Cina (avventure vissute di recente) e mi sto appassionando ai popoli indigeni, vorrei raccontarli in qualche modo, ma non so ancora come, si vedrà».
Da un punto di vista tecnico, qual è il processo di realizzazione dei tuoi lavori?
«Una buona dose di ricerca storica, scientifica, culturale o antropologica, dipende dal tema del lavoro e a volte (sopratutto nei miei viaggi illustrati) una ricerca sul campo attraverso appunti, interviste o visite in luoghi di interesse culturale, altre volte semplicemente godendomi il luogo in cui sono chiacchierando con la gente.
Passata questa fase inizio a produrre delle bozze a matita, invio le proposte se sto collaborando con un cliente, se invece si tratta di un progetto autonomo lascio passare qualche giorno e poi scelgo la bozza che mi colpisce di più a mente fredda. Realizzo i contorni definitivi del disegno a matita, cercando di conservare la genuinità del primo tratto, poi una scansione dei contorni e si colora! In digitale».
C’è qualche artista contemporaneo o non, che in qualche modo ha suggestionato il tuo lavoro?
«Maurice Sendak, Tove Jansson, Jean Jaques Grandville, Hokusai, ma sono sicuro di star dimenticandone qualcuno. Di contemporanei direi senza ombra di dubbio Tullio Pericoli e Hayao Miyazaki. Credo però che il mio lavoro sia molto ispirato anche dalle atmosfere dei libri di Italo Calvino e Dino Buzzati, e dai racconti contadini».
Giovane illustratore/illustratrice da tenere d’occhio?
«Benedetta Claudia Vialli, amo il suo modo di usare l’illustrazione a favore della divulgazione di tematiche sociali e scientifiche».
Un film, una canzone, merenda preferita.
Un film: IL CASTELLO ERRANTE DI HOWL di Hayao Miyazaki
Una canzone: MAN ON FIRE degli Edward Sharpe & The Magnetic Zeros
Merenda preferita: quella mangiata in compagnia, all’aria aperta!
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