Questo 20 maggio, la casa editrice giapponese Hakusensha ha comunicato in un tweet la scomparsa di uno dei più grandi mangaka della storia, Kentaro Miura, morto all’età di 54 anni. Autore del capolavoro – ahinoi incompiuto – Berserk, lascia un’opera dall’immenso valore artistico e un vuoto di altrettanta importanza nel cuore dei suoi appassionati lettori. L’influenza, oramai più che trentennale, che dal punto di vista estetico e narrativo ha infatti esercitato l’opera di Miura sull’industria culturale mondiale è, appunto, di proporzioni smisurate. Altri manga, anime, film, videogiochi, gran parte di tutto questo non sarebbe come lo conosciamo oggi, se non fosse stato per le tavole in cui Miura ha raccontato le vicende di Gatsu, il guerriero nero. Devil May Cry, la serie dei “Souls“, perfino Avengers end game (“un’anima per un’anima”, vi ricorda qualcosa?) non avrebbero avuto né l’attuale aspetto né, probabilmente, la giusta ispirazione.
È appunto impossibile imbattersi in Berserk e non restarne coinvolti. Quelle pagine, pesanti come macigni per la quantità di china, sono, infatti, solo il magnifico contesto estetico nel quale avviene una narrazione sempre emotivamente appassionante e spesso estremamente violenta. Nonostante tra i personaggi cardine figurino demoni abominevoli e semidei capaci di efferatezze inenarrabili, con la sua sapiente scrittura Miura è sempre riuscito a tenersi alla larga dalla definizione, come spessissimo accade, di psicologie banalmente manichee. Tutt’al più accade l’esatto contrario, è il nostro eroe che spesso si rivela essere irrazionalmente brutale, mentre l’immondo antagonista è reso angelico da lineamenti gentili e comportamenti raffinati e caritatevoli.
Ogni personaggio è sempre motivato da qualcosa che, spesso, è condivisibile. Che sia seguire una guida che appare infallibile, il perseguire con costanza e spirito di abnegazione un (il) sogno radicatosi nella mente fin dall’infanzia o l’irrefrenabile spirito di vendetta innescatosi dallo spettacolo della vera e propria mattanza alla quale vengono sottoposti i propri compagni d’arme e di vita, ogni individualità descritta in Berserk è sempre abbastanza complessa da riuscire a trasmettere al lettore la sensazione di star fruendo qualcosa di difficilmente paragonabile agli altri manga.
Ciò è oltretutto riscontrabile anche dai tempi editoriali biblici con il quale Monthly Animal House pubblicava Berserk. Se, infatti, l’industria del manga è sottoposta a tempi serrati di pubblicazione per soddisfare i ritmi del mercato di intrattenimento, Kentaro Miura non si è mai piegato a questa logica. È questo il modo in cui è riuscito a creare un prodotto di una qualità tale essere da essere considerato, da ogni mangaka, una pietra miliare nella storia della produzione fumettistica giapponese.
Salutiamo allora un’artista dall’incalcolabile valore, la cui opera, parafrasando una delle sue frasi più riconosciute e apprezzate, era troppo grande per essere chiamata fumetto, troppo dura, troppo selvaggia e attraente. Non era altro che un magnifico monumento in china.
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