Stabilitosi in California, Carroll ha già da lunga tratta superato il limbo dell’anonimato, imponendosi con una riflessione mirata a creare oggetti di forte impatto fisico ed emotivo: all’epoca del passaggio al nuovo secolo egli ha saputo sviluppare in modo originale tale istanza, superando d’un balzo le inquietanti immagini post-humans degli anni ’90, e scegliendo di percorrere invece le strade di una dolce malinconia evocativa, di una discreta e delicata solidità tattile e corporea. Con un procedimento lento e metodico, l’artista recupera materiali già utilizzati per altro scopo, spesso tavole di legno erose e consumate, li assembla, li riveste di strisce sottili di tele diverse, ugualmente usate, quindi vi stende un pigmento delicato, neutro e monocromo, non invasivo della materia sottostante, talora ricoprendo il tutto di una cera diafana e trasparente.
Ne escono oggetti tridimensionali che, ora appesi al muro, ora disposti sul pavimento, sembrano creare fratture spazio-temporali nel continuum delle superfici, sorta di porte o passaggi al mondo della memoria. Talvolta sono stipi o armadi a muro che nascondono, negli angoli più nascosti, rose di stoffa cristallizzate; oppure sono tavole sulle quali è rimasta la traccia di un merletto. I materiali dei quali si compongono le opere conservano una memoria di ciò che furono, e invecchiano, respirano sotto i nostri occhi. Sembra di vedere tracce di ruggine di oggetti che furono appoggiati, muffe causate dall’esposizione ad ambienti umidi, e la pittura sovrastante non nasconde, anzi esalta questo aspetto di vita vissuta, sovrapponendo il gesto dell’artista ai gesti di altri uomini che di quei materiali si servirono. I fiori, che spesso ritornano quale unico accessorio, potrebbero essere stati dimenticati da qualcuno, ma anche essere cresciuti spontaneamente, ciò che conta è che essi costringono lo spettatore a cercarli negli angoli più nascosti, gli fanno credere che potrebbero esservene altri ancor più celati, lo obbligano a girare intorno alle opere, a nascondersi insieme ad essi.
Non c’è un solo passaggio, del fare artistico di Carroll, che non rimandi ad una intimità profondissima, ad un recupero della manualità più emotiva, ad una silente metodicità; non c’è un solo particolare, delle opere di Carroll, che non induca lo spettatore ad un ripiegamento su se stesso, all’abbandono leggero agli stadi più profondi della memoria, all’incanto della rievocazione del proprio passato. Gli oggetti di Carroll sono pass partout per la memoria di tutti, ed in questa universalità vi è però la ricerca di una dimensione tutt’altro che mistica, piuttosto umanissima invece, un forte appello alla travolgente e caotica modernità per il recupero della misura e della regola dell’uomo, un invito a ristabilire un ordine temporale più consono alla natura delle cose.
Spero di esser riuscito nell’intento di introdurre brevemente all’azzardo che conclude la mia riflessione. Al centro dell’opera di Carroll stanno l’uomo e la Natura, non c’è mistica religiosa, nessun rimando al soprannaturale, solo il puro mistero della Natura. E dunque avrà un senso nel 2000 sperare che siano ancora chiare le parole di chi ha descritto, più d’ogni altro, il mistero della Natura. Pur non senza sorpresa, io stesso, non posso fare a meno di immaginare “al di là” degli opere di Carroll, “interminati spazi” “e profondissima quiete”. Della complessa poetica leopardiana Carroll è riuscito almeno a ricreare quell’antico mistero, e ciò è straordinario. Dopo il caos del ‘900 la via più convincente dell’arte non può che essere quella della riconciliazione dell’uomo con se stesso, nel senso di una riappropriazione dei conflitti e delle complessità dell’animo umano e del suo rapporto con la Natura.
“Qui non è cosa ch’io vegga o senta, onde un’immagin dentro/ non torni, e un dolce rimembrar non sorga.” (G. Leopardi, Le ricordanze)
Alfredo Sigolo
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Caro Dino
ti ringrazio per il tuo commento al mio articolo. Sono contento che si cominci a commentare anche l'attività delle gallerie, che non sono solo luoghi esclusivi per collezionisti. Scegliendo bene vi si vedono mostre bellissime, in alcune (come in questa) si organizzano piccole "conversazioni" con personaggi di rilievo (L. Carroll stesso era presente alla presentazione del catalogo con Concetto Pozzati e Bruno Corà). Eppoi la visita è gratuita. Riguardo a questa, di gallerie, se ti interessa il genere ti consiglio di seguirne l'attività. Oltre ad essere una grande galleria storica, sceglie gli artisti con oculatezza e secondo un preciso progetto. Grandi collezionisti se ne sono accorti da un pezzo.
le opere di carrol sono particolarmente affascinanti, provocano una sensazione di malinconia e di abbandono per ciò che non si è vissuto. Forse tutto questo è dimenticato da anni perchè l'uomo di oggi cerca l'immediatezza nel suo prossimo ed il pragmatico. Sinceramente mi piacerebbe vederne ancora opere ed installazioni di questo artista, magari in confronto-scontro con altri artisti di tale livello. Ringrazio di cuore la brava curatrice che spero di conoscere. Sono spiacente di non essermi fatto vivo prima perchè mi sono accorto ora di ciò che mi sono perso. Mi piacerebbe dialogare con L. Carrol, per sentire la sua idea del fare Arte oggi. Un cordiale saluto alla gentile Gallerista. Dino Nicoletti.