Luisa espone dalla fine degli anni ’80. La sua arte si caratterizza per l’estrema raffinatezza ed eclettismo con cui risolve la propria ricerca, profondamente colta e poetica. Fotografie in b/n e a colori su plexiglass, installazioni realizzate con stampe fotografiche su acetati sagomati, video, oggetti di diversa foggia: il mondo di Luisa è popolato di forme e suggestioni diverse, il mondo di Luisa è strano e meraviglioso.
Entrando in galleria si viene accolti da una nenia, una ninna nanna etnica, un ritmo irlandese dolce e coinvolgente; immediatamente il visitatore è rapito da un’atmosfera onirica, vedendo di fronte a sé la grande foto nella quale una ragazza è trasportata dal vento in un cielo plumbeo, tra le foglie secche dei platani.
Sulla destra ai muri sono appesi dei cuscini trasparenti, in forma di goccia, attraverso i quali si vede un volto femminile o particolari di muscolosi corpi maschili: la fisicità dei corpi appare assorbita in queste forme liquide e resa leggera.
Alla sinistra, al nostro passaggio, delicati fogli di acetato sagomati, sui quali sono impresse foto in b/n di gambe femminili, si muovo e roteano, appesi al soffitto con fili sottili. Inizia una danza ed un moto ondulatorio che simula una sfilata o un passaggio in una strada. Pare di udire il fruscio dei tessuti delle gonne, il tendersi del nylon dei collant, il suono sordo dei tacchi; il sovrapporsi delle figure, le trasparenze, suggeriscono una continuità, un flusso eterno, il passare del tempo.
Il procedimento che rimbalza dalla sfera del quotidiano a quella del privato innescando un sofisticato processo introspettivo ricorda da vicino certe sequenze di Wim Wenders; penso a “Lisbon Story” ma soprattutto a “Il cielo sopra Berlino” perché nel capolavoro del regista lo sguardo analitico sulla quotidianità e sui piccoli drammi e gioie della gente che anonimamente ci passa accanto si sposa con la ricorrenza del volo angelico e dell’alternanza visibile/invisibile, b/n-colore.
Almeno il tema del volo è senza dubbio condiviso da Luisa.
Nelle stanze successive di nuovo foto ed installazioni in acetato, ma la nenia irlandese si fa più intensa nella sala dove, ai piedi di alcune foto, sono collocati numerosi secchi zincati, come quelli utilizzati per raccogliere il latte. Guardando al loro interno si ha l’impressione che siano colmi per metà di acqua limpida, ma è di nuovo un’illusione di Luisa: fogli di acetato trasparenti coprono altri fogli sui quali è impresso un volto femminile. Ci specchiamo in quell’acqua, ma in essa appare solo quel volto. Poi ci accorgiamo che scostandosi un poco gli occhi si aprono e si chiudono, la bocca è prima sorridente poi serrata, poi socchiusa. L’artista utilizza il meccanismo e la suggestione degli ologrammi, ma qui è tutto così vero, un sogno divenuto realtà, abitato da ninfe acquatiche irriverenti e ammiccanti.
A questo punto ci chiediamo l’origine della nenia irlandese, e la inseguiamo giù per una buia scalinata; al piano inferiore veniamo accolti da un video. Ancora una ragazza (l’artista?) vola e nuota nel cielo, i capelli mossi dal vento. Un volo dolcissimo; sotto, il mare in burrasca; la nenia accompagna e descrive quel volo e pare di udire il suono del vento tra i capelli corvini e le onde mugghiare.
L’ultimo atto si consuma in quel video: la ragazza si lascia precipitare in quel mare, l’abisso l’aspetta. Ma un attimo prima che il mare accolga quel corpo che d’un tratto pareva essersi risvegliato e che , nel torpore della veglia, resosi consapevole della gravità, aveva cominciato a cadere, un attimo prima il film finisce, per poco. Passano i “Titoli di coda” (titolo della personale), il momento in cui il visitatore formula il suo primo giudizio su ciò che ha visto, ripensa a quanto accaduto; e fintanto che ciò accade tutto ricomincia, il sogno riprende.
Acqua e aria sono gli elementi nei quali si muove l’immaginario di Luisa Raffaelli; elementi che caratterizzano la vita ma che si mescolano a meditazioni colte, come nel caso del progetto realizzato nel contesto di “World river run Words”, nel quale l’artista ha condotto un’indagine a partire dal Finnegans Wake di James Joyce.
Prima della presente personale, nella stessa galleria Luisa Raffaelli era stata tra le protagoniste dell’importante personale “Details”, insieme, tra le altre, a Sabine Delafon, Paola De Pietri, Brigitte Niedermair.
Note di mercato: condivide gioie e dolori del mercato italiano. L’interesse intorno ai giovani di casa nostra in Italia è forte in questo periodo, mentre all’estero, a parte alcuni casi eccellenti, è in atto una rivalutazione dei nostri artisti, ma limitatamente ai movimenti storicizzati. Ciò determina un mercato locale e prezzi bassi. Per le opere di Luisa si va dalle più o meno dalle 500.000 fino ai 5.000.000. Date la qualità delle opere e la situazione fluida in atto il rischio è molto contenuto; un rialzo delle quotazioni nel breve periodo è nell’ordine delle cose, troppo prematuro giudicare le eventuali potenzialità sul mercato internazionale e a lungo termine. L’appuntamento veronese segna una tappa importante per Luisa perché amplia la sua visibilità fuori del pur ottimo circuito di Torino, cui è rimasta forse troppo vincolata fino al ’98.
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Alfredo Sigolo
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con queste letterine microscopiche non farò mai in tempo a leggere questo articolo prima che mi si atrofizzino gli occhi.
Porta pazienza ancora per un po', tra l'altro si sta lavorando anche a questo. Grazie della tua giusta osservazione.
Per quel che vale adesso che la mostra è finita da un bel po', penso e spero che quest'artista venga premiata anche dal punto di vista del mercato e che riesca ad ottenere una giusta ribalta nel panorama artistico. Mi piace la sua ricerca. Bello, come lo sono sempre, l'articolo di Sigolo.