La galleria milanese ospita i recenti lavori di Cristiano Pintaldi, artista romano che si è fatto conoscere nel mondo artistico grazie ad una singolare analisi dell’immagine video attraverso il mezzo pittorico, operando un’interessante fusione tra i due linguaggi.
Come possiamo vedere nelle cinque tele presenti in mostra, Pintaldi rappresenta una realtà estrapolata dalle immagini televisive. Si tratta di figure che vengono rielaborate sulla tela attraverso una particolare tecnica pittorica che si basa sulla ricostruzione dello spazio visivo attraverso un procedimento analogo a quello della formazione dell’immagine video.
Proprio come avviene nel processo digitale, i soggetti scelti da Pintaldi vengono scomposti in innumerevoli pixel dipinti a mano e solo grazie a questa molecola cromatica/luminosa, composta da tre punti di colore ( rosso ,verde, blu ), la nostra vista ricompone la figura nella sua interezza.
Sulle tela dipinta di nero, l’artista applica una mascherina perforata che costituisce la griglia di base grazie alla quale la superficie viene divisa in piccolissime zone che equivalgono ai pixel dell’immagine video e sui quali l’artista lavora fino ad arrivare all’immagine finale. Un procedimento lungo e meticoloso che paradossalmente si contrappone alla velocità con la quale il pixel costruisce l’immagine.
Pintaldi crea superfici pittoriche, nelle quali le figure si sgranano per poi ricomporsi nell’atto della visione: un procedimento, a pensarci bene, che non si allontana dalle storiche ricerche pittoriche degli impressionisti e dal “pointillisme” di Seurat e Signac.
Determinante, per questo artista è anche la scelta dei soggetti dei suoi quadri.
Nelle tele in mostra vengono riproposte da Pintaldi immagini tratte da alcuni film di fantascienza, divenuti dei veri e propri ‘cult movies’: “ 2001 Odissea nello spazio”, “Incontri raicinati del terzo tipo” o “ Spazio 1999”.
Con i film di fantascienza si è voluto rappresentare una civiltà post-umana fatta di astronavi, alieni ed elevate tecnologie. Questi film sono diventati simbolo di una dimensione temporale differente da quella in cui l’uomo vive incarnando i sogni circa l’esistenza di realtà virtuali. Ma per l’artista il concetto di ‘realtà virtuale’ assume un significato del tutto particolare: virtuale non indica, per Pintaldi, uno spazio illusorio e parallelo a quello concreto, ma piuttosto un luogo effettivo che individua nell’immagine televisiva stessa.
Diventa quindi significativa la scelta di soggetti tratti dai film televisivi diventati al giorno d’oggi una vera e propria realtà alternativa, di gran lunga presente nel nostro quotidiano fino a diventare una sub-realtà.
Una realtà articolata, analoga a quella in cui viviamo, ma che in verità è riducibile ad un unico elemento primario dal quale trae origine: il pixel.
La mostra si chiude con una serie di progetti e bozzetti, eseguiti con pennarelli su lucidi, nei quali è possibile vedere il lungo lavoro di studio che ha portato alla creazione delle immagini digitalizzate.
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Elena Arosio
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E' vera questa cosa dell'evoluzione di Pintaldi. Vorrei proprio vederle dal vivo queste opere. Ho visto cose di questo artista e sono veramente affascinanti. Grazie ad Elena per aver descritto minuziosamente il raffinatissimo procedimento dell'artista. Un bell'esempio di come le foto sarebbero state decisamente insufficienti ad illustrare Pintaldi.
Noto con piacere, dalle foto che proponete, l'evoluzione della poetica di pintaldi. Specialmente il passaggio da colori freddi ad una tavolozza che privilegia, a quando vedo, il rosso, l'ocra, il terra di siena ed il giallo.
Il risultato è come quello precedente: eccellente punto di vista per partire con una riflessione sui dialoghi esistenti in quel cortocircuito che crea l'arte quando sfiora la tecnologia la tecnologia. Il tutto è peraltro croce e delizia dei nostri migliori artisiti.
Articolo stupendo!
grazie a exibart e alle sue articolate informazioni posso scoprire i segreti e le meraviglie artistiche della città. Abito qui da poco, è bellissimo passeggiare tra i vicoli del centro, si vede tanto.
Di Cristiano Pintaldi mi colpivano le tecniche, paradossi delle immagini. lavorare sulla luce dei pixel, colorarla, richiede una misurazione alchemica dei processi: devono essere così, altrimenti non si può andare avanti. La cosa affascinante e spiazzante è che la realizzazione dell'ultimo quadro non è necesssariamente garantita: dopo i primi tre stadi, scientifici e necessari, l'opera finale è - paradossalmente - non conseguente. il finale può non esserci, il fine può non essere raggiunto, l'opera stessa può sparire, le immagini possono non volere riuscire e uscire dalla volontà dell'artista, che non ha quindi il controllo assoluto del suo stesso atto creativo. tutto questo è eccitante, per la mente e il corpo che vedono, mi viene voglia di danzare .....ciao